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Con l’Ordinanza n. 20044/2020, la Corte di Cassazione ha stabilito che la scelta del contribuente di ricorrere alla rivalutazione di un terreno, in vista della sua successiva cessione, non può essere modificata solo perché il bene non è successivamente divenuto effettivamente edificabile.
Il caso sottoposto ai Giudici di legittimità riguarda una contribuente che, in vista di una futura cessione, ha deciso di fruire della rivalutazione dei terreni edificabili a destinazione agricola di cui all’art. 7, comma 1, Legge n. 448/2001.
In seguito, tuttavia, il terreno non ha acquisito alcuna vocazione edificatoria e, pertanto, la contribuente ha presentato all’Agenzia delle Entrate un’istanza di rimborso della prima rata dell’imposta sostitutiva, versata ai fini della rivalutazione del valore del terreno.
L’Agenzia delle Entrate ha emesso un provvedimento di diniego del rimborso e la contribuente si è rivolta alla giustizia tributaria, che ha sostanzialmente avallato la richiesta di rimborso avanzata dalla stessa, in ragione del fatto che il terreno oggetto della rivalutazione non ha successivamente acquisito alcuna potenzialità edificatoria.
La Sentenza favorevole al contribuente della CTR è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate, che si è rivolta alla Corte di Cassazione per dirimere la questione.
La Corte di Cassazione ha quindi rilevato che, con la redazione della perizia di stima e il versamento della prima rata dell’imposta sostitutiva, la contribuente ha inteso avvalersi del regime di favore previsto dall’art. 7, Legge n. 448/2001, al fine di conseguire un risparmio d’imposta sulla plusvalenza determinatasi all’atto della cessione del terreno.
La scelta di rideterminare il valore del terreno, tuttavia, non rientra tra le dichiarazioni di scienza emendabili in caso di errore, ma tra le manifestazioni di volontà irretrattabili, salvo che nel caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell’art. 1428, c.c.
Di conseguenza, la circostanza che al momento dell’effettiva cessione il terreno non possedesse alcuna potenzialità edificatoria e che, pertanto, la contribuente non fosse tenuta ad effettuare alcun versamento ai fini della procedura della rivalutazione, non assume alcun rilievo.
In definitiva, l’opzione per il regime di favore è irritrattabile e, pertanto, la contribuente non ha diritto al rimborso delle somme già versate a titolo d’imposta sostitutiva.
L’orientamento espresso dai Giudici di legittimità è conforme a quanto già affermato nella Sentenza n. 2885/2019, nonché ai principi affermati nelle Ordinanze n. 19215/2017 e 26317/2016 richiamate, anche in questa circostanza, dagli ermellini.