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Con l’avvio del nuovo anno si applicherà il Regolamento delegato (UE) n. 171/2018, con cui si fissano parametri più stringenti di quelli oggi applicati nel nostro Paese dagli intermediari creditizi per la classificazione dei debitori in default.
L’applicazione di questo Regolamento ed il contesto socio-economico determinato dagli effetti della pandemia, in cui prenderanno avvio le nuove regole, hanno generato allarme tra imprese e privati per i possibili effetti dei nuovi parametri di valutazione sulla solvibilità dei debitori.
Per fare un po’ di chiarezza è intervenuta la Banca d’Italia che ha pubblicato sul proprio sito alcune risposte ai quesiti più comuni che assillano imprese e privati.
Le nuove regole trovano applicazione uniforme in tutta Europa, quindi non vi saranno trattamenti diversificati tra imprese dei diversi Paesi unionali. Si tratta inoltre di un processo avviato nel 2014 che, per le banche “meno significative” vigilate dalla Banca D’Italia, ha visto l’adozione delle nuove regole dal giugno del 2019. Per le altre banche, vigilate dal meccanismo di vigilanza unico, ha provveduto al recepimento la BCE nel 2018.
Pertanto, il 1° gennaio 2021 rappresenta il termine ultimo per adottare le linee guida, aggiornate nel 2017 dalle EBA, per gli istituti che non vi avevano già provveduto.
Le nuove regole prevedono la classificazione automatica in default per le imprese che presentano, per oltre novanta giorni consecutivi:
Per le persone fisiche e le PMI con esposizioni nei confronti della stessa banca, di ammontare complessivamente inferiore ad un milione di euro, l’importo che rileva ai fini della valutazione è ridotto a 100 euro.
In base alle nuove regole, non sarà più possibile compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate, pertanto il debitore deve attivarsi per utilizzare i crediti disponibili per far fronte ai pagamenti scaduti.
BanKitalia precisa come oltre ad un’armonizzazione comunitaria della classificazione dello stato di default, per il nostro Paese si “introducono criteri differenti da quelli attualmente utilizzati dalle banche italiane e, per alcuni aspetti, risultano più stringenti; per altri Paesi possono invece risultare più lasche”.
La nuova classificazione in default potrà ovviamente avere riflessi sulle relazioni creditizie fra gli intermediari e la loro clientela, stimolando l'adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto creditizio.
La nuova definizione di default non implica il divieto a consentire sconfinamenti, definiti dalla policy dei singoli istituti, sia con riferimento alla disponibilità presente sul conto sia, in caso di affidamento, oltre i limiti del fido.
È pertanto fondamentale che gli intermediari forniscano informazioni e assistenza ai propri clienti sulle implicazioni relative alla nuova disciplina.
Gli sconfinamenti, infatti, rappresentano un utilizzo di fondi per importi superiori alle disponibilità presenti sul conto o al fido accordato. Pertanto, si tratta di una facoltà concessa dalla banca al cliente, che può applicare specifiche commissioni qualora il cliente utilizzi tali fondi.
Si tratta quindi di una scelta discrezionale della banca di cui il cliente informato può avvalersi in determinate circostanze (pagamento stipendi, imposte, ecc.). La banca potrebbe quindi negare ai clienti la possibilità di effettuare degli sconfinamenti.
Se il cliente è autorizzato ad effettuare sconfinamenti, gli stessi non generano alcun problema entro i limiti fissati nel contratto.
Ecco perché è fondamentale conoscere i contenuti del contratto sottoscritto, verificando insieme alla banca i limiti degli sconfinamenti concessi.
“No, non è corretto. È necessario che lo sconfinamento superi la "soglia di rilevanza", cioè che superi contemporaneamente sia la soglia assoluta (100 o 500 euro, a seconda della natura del debitore) sia quella relativa (1% dell'esposizione) e che lo sconfinamento si protragga per oltre novanta giorni consecutivi (in alcuni casi, ad esempio per le amministrazioni pubbliche, cento ottanta giorni)”.
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I tre requisiti per la classificazione di default: |
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Superamento della soglia di rilevanza assoluta |
500 euro o 100 euro |
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Superamento della soglia di rilevanza relativa |
1% dell’esposizione |
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Sconfinamento protratto consecutivamente |
Per oltre 90 giorni |
Gli intermediari sono tenuti a segnalare un cliente "in sofferenza" solo quando ritengono che abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il suo debito. Pertanto, la segnalazione presuppone una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente da parte dell’intermediario.
Le nuove regole sul default, quindi, non determinano modifiche alla definizione di “sofferenze” e non generano alcun automatismo ai fini della segnalazione delle stesse.
Bankitalia precisa, inoltre, che le nuove regole avranno un impatto “molto limitato sulla rappresentazione della clientela nelle informazioni della Centrale dei Rischi che la Banca d'Italia mette a disposizione degli intermediari (banche e società finanziarie) e che questi utilizzano nelle proprie valutazioni del “merito di credito".
L'unica innovazione riguarda la classificazione "a sofferenza", che deve risultare uniforme per tutti gli intermediari che fanno parte dello stesso gruppo bancario o finanziario: se un cliente è affidato da più intermediari dello stesso gruppo, la classificazione a sofferenza dovrà considerare tutte le informazioni - positive e negative - che lo riguardano, disponibili all'interno del gruppo stesso. Le regole precedenti non prevedevano formalmente di considerare le informazioni a disposizione del complesso degli intermediari del gruppo, ancorché fosse una prassi verosimilmente diffusa”.
Non si producono effetti sulla classificazione dei c.d. "inadempimenti persistenti", ossia i crediti scaduti o sconfinanti in via continuativa. In tal caso, i termini fanno riferimento alla scadenza dei rimborsi previsti dal contratto di finanziamento e prescindono da qualsiasi soglia di rilevanza; i ritardi di pagamento continuano ad essere segnalati se superano i novanta giorni.