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La prelazione agraria consente di essere preferiti nell’acquisto di un fondo rustico nel momento in cui il suo titolare decide di porlo in vendita.
Per poter validamente esercitare il diritto di prelazione occorre essere Coltivatore Diretto insediato sul fondo in vendita in qualità di affittuario. Solo nell’eventualità in cui non vi sia un affittuario Coltivatore Diretto si applica la prelazione del confinante avente carattere residuale.
In presenza di un affittuario Coltivatore Diretto o, in mancanza, di un confinante che sia Coltivatore Diretto o IAP, colui che è intenzionato a vendere il proprio fondo deve preliminarmente notificare la proposta di vendita agli aventi diritto alla prelazione con specifica indicazione del nome del promissario acquirente, dei dati catastali del bene oggetto di alienazione, della data fissata per il rogito oltre che del prezzo di acquisto e delle modalità di pagamento. Il prelazionante va altresì invitato ad esercitare, ove interessato, il diritto di prelazione entro il termine di trenta giorni dall’avvenuta ricezione della proposta di vendita.
La prelazione, tuttavia, si perfeziona solo nel momento in cui il prelazionante, deciso ad acquistare il terreno posto in vendita, paga il relativo prezzo entro il termine di tre mesi decorrenti dal trentesimo giorno dall’avvenuta notifica della proposta di vendita.
Ciò premesso, occorre interrogarsi sull’ipotesi di vendita di un fondo destinato alla produzione agricola unitamente a fabbricati non costituenti una pertinenza del predetto bene, per i quali, conseguentemente, non sussiste il diritto di prelazione.
Capita, infatti, che a fronte della notifica da parte del promittente venditore di una proposta di vendita con indicazione di un prezzo unitario, comprensivo del valore attribuito sia al fondo rustico sia ai fabbricati, il prelazionante, essendo interessato unicamente all’acquisto del terreno, rinunci ad esercitare il proprio diritto di prelazione.
Sull’argomento si è interrogata la Cassazione con la recente Sentenza del 13 maggio 2021, n. 12894.
La vicenda, giunta innanzi ai Giudici di legittimità, vedeva coinvolto un prelazionante che, dopo aver manifestato la volontà di acquistare l’intero compendio immobiliare, composto da un fondo rustico e da fabbricati adibiti a civile abitazione, non aveva successivamente pagato il relativo prezzo di acquisto e, a distanza di un anno dalla trascrizione dell’atto definitivo di compravendita con l’originario promissario acquirente, aveva promosso azione di riscatto.
In quell’occasione gli Ermellini, accogliendo il ricorso promosso dall’avente diritto alla prelazione, risultato soccombente in primo ed in secondo grado per non aver pagato il prezzo di acquisto del bene, hanno statuito che, qualora nella proposta di vendita di fondo rustico, unitamente ad altri immobili per i quali non sussiste il diritto di prelazione, venga indicato un prezzo per ogni singolo cespite, il prelazionante è posto effettivamente nella condizione di manifestare la propria volontà di acquistare unicamente il bene destinato alla produzione agricola. Ne consegue che la sua eventuale accettazione sia idonea a perfezionare la prelazione se susseguita dal pagamento del prezzo di acquisto del bene a destinazione agricola.
Al contrario, in presenza di un’offerta di vendita a prezzo unitario di beni di cui solo alcuni oggetto di prelazione, l’eventuale accettazione ad opera del prelazionante non è considerata valida manifestazione di volontà all’interno dell’esercizio del diritto di prelazione, così che resta ammessa la possibilità di esercitare successivamente l’azione di riscatto.
In conclusione, in presenza di un compendio immobiliare posto in vendita composto da più cespiti non tutti suscettibili di essere prelazionati, occorre che il prelazionante sia in grado di conoscere il prezzo effettivo del bene su cui solo può esercitare il diritto di prelazione, non potendo, altrimenti, la sua accettazione o rinuncia essere considerate valide ed efficaci.
Stefania Avoni, avvocato
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