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Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. n. 17 del 1°marzo 2022 (Decreto Energia), viene confermata l’apertura dei termini per la rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni non quotate posseduti al 1° gennaio 2022.
Nel rimandarvi alla lettura della nostra circolare n. 157 del 25 febbraio 2022 che, seppure in anticipo rispetto l’uscita ufficiale del Provvedimento, ne ripercorre, con precisione, le modalità operative rimaste inalterate, con il presente intervento, intendiamo fornirvi alcuni spunti pragmatici che consentano di valutare l’eventuale convenienza del regime di “favore” con particolare riferimento alle partecipazioni non quotate.
Come noto, infatti, l’articolo 29 del D.L. n. 17/2022 ha riaperto i termini per procedere alla rivalutazione del costo di acquisto di terreni (agricoli ed edificabili) e delle partecipazioni (qualificate e non) non quotate nei mercati regolamentati, posseduti al di fuori del regime d’impresa, previo pagamento, da effettuarsi entro il 15 giugno 2022, di un’imposta sostitutiva pari al 14%.
Così facendo, il beneficiario (persona fisica, società semplice, ente non commerciale e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia) potrà procedere all’affrancamento parziale o totale delle plusvalenze determinabili ai sensi dell’articolo 67, comma 1 lettere a) e c-bis) del TUIR.
È del tutto evidente come l’attuale percentuale dell’imposta sostitutiva (passata dall’11% al 14%), da applicare sull’intero valore rivalutato, risulti alquanto onerosa al punto tale da rendere, in alcuni casi, scarsamente conveniente l’operazione di affrancamento della plusvalenza tassata ordinariamente.
Con riferimento alle partecipazioni non quotate, cerchiamo ora di tracciare una linea guida che ci consenta di valutare, di primo acchito, l’eventuale vantaggio economico conseguibile all’atto di una possibile cessione della stessa.
Per determinare la convenienza che potremmo ottenere quando intendiamo cedere una partecipazione non quotata al fine di decidere se procedere o meno all’affrancamento della stessa, dobbiamo effettuare le seguenti considerazioni:
La scelta di procedere alla rivalutazione, logicamente, dipende dal fatto che l’imposta sostitutiva pagata sul valore peritato (14%) deve risultare inferiore al 26% della plusvalenza realizzata in assenza di affrancamento.
Pertanto, la rivalutazione è conveniente solo nell’ipotesi che:
14% del valore perizia < 26% plusvalenza da cessione
Stante il rapporto tra le due imposte pari a: 0,5385 (14/26), si evince che la rivalutazione sarà conveniente quando la plusvalenza realizzabile risultasse superiore al 53,85% del valore della partecipazione periziata.
In pratica, il punto di equivalenza tra l’effettuare la rivalutazione oppure no, lo si realizza quando la plusvalenza da capital gain è pari al 53,85% del valore della partecipazione risultante dalla perizia.
Esempio:
considerato che (100.000 × 53,85% = 53.850) avremo:
Infatti: (53.850 × 26% = 14.000) = (100.000 × 14% = 14.000)
Pertanto, se la plusvalenza da capital gain aumenta, al contribuente conviene procedere alla rivalutazione.
Ricordiamo, inoltre, che l’avere già versato l’imposta sostitutiva con riferimento alla precedente rivalutazione (la percentuale era pari all’11%), comporta la possibilità di fruire, in sede di ulteriore rivalutazione dei beni riconducibili alla prima rivalutazione (Risposta ad Interpello n. 259/2019), dello scomputo di quanto versato a suo tempo.
Diversamente, è anche possibile versare l’intero importo (anche in forma rateale) dell’imposta sostitutiva del 14% con riferimento alla nuova perizia effettuata e richiedere il rimborso del quantum versato in precedenza entro quarantotto mesi dalla data di duplicazione del versamento (anche della sola prima rata) che come termine ultimo sappiamo essere il 15 giugno 2022.
Considerato che l’imposta sostitutiva si calcola su valori di perizia che possono risultare differenti nelle due rivalutazioni effettuate, nel caso la seconda perizia determini un valore inferiore alla prima, per cui emerga che l’imposta sostituiva, seppure più alta in percentuale, risulti in valore assoluto minore rispetto a quella già versata, lo scomputo andrà al massimo a pareggio, mentre l’eventuale rimborso richiesto non potrà mai dare luogo ad eccedenze rimborsabili superiori al quantum da versare.
Per ultimo precisiamo che, qualora vi fosse stato un versamento rateale della precedente imposta sostitutiva, devono essere sterilizzati gli interessi del 3% dovuti sulle rate successive alla prima. I relativi importi non sono, infatti, rimborsabili.