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Una recente Sentenza della Corte di Cassazione (n. 7447 dell’8 marzo 2022) ci permette di fare il punto su alcuni aspetti fondamentali di determinazione del regime fiscale proprio delle attività agricole.
In particolare, viene evidenziato quale sia la reale discriminante da prendere in considerazione per qualificare il reddito prodotto dall’attività esercitata, modificando un principio che vedeva nella presenza del terreno l’unico elemento imprescindibile per definire agricola un’attività.
La riforma avviata nell’anno 2001 ha introdotto un nuovo concetto che lega la presenza del terreno al suo potenziale sfruttamento in modo da legittimare quelle attività che, pur non sfruttando appieno le potenzialità del fondo, possono comunque usufruire del particolare regime fiscale a loro riservato.
Ci riferiamo alla struttura dell’imposizione reddituale e fondiaria riservata ai redditi derivanti dall’esercizio delle attività agricole così come individuate dall’articolo 32 del TUIR.
Oltre alla particolare tipologia di attività esercitata (tracciate nell’articolo 32 del TUIR), tuttavia, è necessario prendere in considerazione la soggettività di coloro che esercitano le sopracitate attività, in quanto per taluni soggetti il reddito agrario è un regime naturale, mentre per altri, a partire dal 2007, lo diventa solo al ricorrere di determinate condizioni.
Rientrano nel regime naturale del reddito agrario, le ditte individuali, le società semplici e gli enti non commerciali che operano nell’ambito delle attività codificate dall’articolo 32 del TUIR, le quali, se rispettano le potenzialità del fondo, non devono esercitare alcuna opzione per potere fruire del particolare sistema di tassazione a loro riservato.
Mentre, in base all’articolo 1, comma 1093 della Legge n. 296/2006, le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99, possono optare per l'imposizione dei redditi ai sensi dell'articolo 32 del TUIR, ma non vi rientrano naturalmente.
Ricordiamo che per rivestire la qualifica di società agricola, le sopracitate realtà devono rispettare contemporaneamente le seguenti condizioni:
Ritornando al concetto di potenzialità del fondo, ripercorriamo quanto scritto nel comma 1 dell’articolo 32 del TUIR, al fine di meglio comprenderne il significato anche alla luce della recente Sentenza della Corte di Cassazione:
“il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso”.
Essendo un concetto che, in certi casi, può risultare di difficile determinazione, il Legislatore tributario ha identificato alcuni parametri di riferimento per quelle attività che, per proprie caratteristiche, possono essere esercitate in modo intensivo, quali:
Con riferimento a tali attività, infatti, viene previsto che si considera produttivo di reddito agrario l’allevamento di animali che utilizza mangimi ottenibili per almeno un quarto dai terreni condotti, mentre, con riferimento alle colture in serra, con strutture fisse o mobili, il limite di demarcazione è pari al doppio della superficie su cui insiste la produzione dei vegetali.
Questi confini quantitativi servono a identificare la soglia massima di reddito fondiario, in quanto la quota eccedente tali limiti sarà considerata reddito d’impresa da tassare secondo i criteri indicati negli articoli 56 e 56-bis del TUIR, a prescindere dal requisito soggettivo del contribuente.
Ulteriore differenziazione riguarda quei soggetti che dichiarano, per natura, sempre un reddito agrario (limitatamente alle potenzialità del loro fondo) in quanto, per la parte eccedente, il corrispondente reddito d’impresa sarà tassato secondo regole difformi rispetto alle altre società, ai sensi degli articoli 56, comma 5, e 56-bis del TUIR, salvo che non si opti per i regimi ordinari di determinazione del reddito.
In particolare, le ditte individuali, le società semplici e gli enti non commerciali operanti nel settore dell’allevamento di animali o di colture in serra, qualora producano un reddito superiore ai limiti più sopra individuati, tasseranno l’eccedenza secondo le seguenti regole:
Precisiamo, inoltre, che anche per tali tipologie di imprese, resta sempre fatta salva l’opportunità di optare per la determinazione del reddito secondo le regole ordinarie.
Per terminare la presente disamina, vogliamo ancora una volta ricordare che per la l’applicazione della tassazione dell’attività agricola sulla base dei criteri catastali, non basta risalire all’identificazione soggettiva del contribuente che ne fa richiesta, bensì è necessario prendere in considerazione, sul piano oggettivo, la limitazione posta dall’ordinario sfruttamento delle potenzialità del fondo, superato il quale si ricade sempre nel reddito d’impresa.
Dalla lettura, infine, della recente Sentenza della Corte di Cassazione (n. 7447/2022) possiamo anche trarre il seguente principio di fondo che impone al contribuente, che invoca un regime di favore, l’onere di provare che le rilevazioni dell’Ufficio risultano infondate poiché, diversamente, un comportamento sbagliato induce il verificatore a sostenere l’inesistenza di una prova diversa e, quindi, legittima il rilievo corrispondente.