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Con l’Ordinanza n. 20961 del 1° luglio 2022, la Corte di Cassazione si sofferma a fornire alcune precisazioni in merito al presupposto oggettivo richiesto per il riconoscimento del compendio unico.
La normativa civilistica e fiscale si è spesso occupata di regolamentare l’attività esercitata dal comparto agricolo e, nell’arco di numerosi anni, sono state introdotte disposizioni di favore volte a sostenere un settore indubbiamente strategico per la nostra economia.
Tuttavia, con il passare del tempo, l’evoluzione del settore agricolo, l’introduzione della figura dell’imprenditore agricolo professionale in affiancamento al coltivatore diretto e lo sviluppo delle normative territoriali, hanno reso meno complesso ed articolato il gruppo di norme agevolative che caratterizzano il comparto, riducendone la presenza nel nostro tessuto ordinamentale.
Di fatto ricordiamo, principalmente, la piccola proprietà contadina, disciplinata dall’art. 2, comma 4-bis, D.L. n. 194/2009, ed il compendio unico, norma, quest’ultima, originalmente introdotta dall’art. 5-bis della Legge n. 97/1994, con esclusivo riferimento alle zone montane e successivamente estesa a tutto il territorio nazionale, ad opera dell’art. 5-bis, comma 1, D.Lgs. n. 228/2001.
L’operato del Legislatore ha continuato a modificare la disciplina del compendio unico, attualmente attivabile in caso di donazione di fondi agricoli, per approdare, grazie all’art. 7 del D.Lgs. n. 99/2004, alla conosciuta formulazione dispositiva che richiede, per la sua applicazione, la presenza di due presupposti:
Il concetto di compendio unico ha storicamente generato perplessità in merito alla sua corretta definizione, al punto tale che la stessa Agenzia delle Entrate, con sua Circolare n. 13/E/2002 aveva specificato che “la locuzione “compendio unico” individua l’insieme di terreni agricoli che per volontà dell’acquirente confluiscono in un complesso unitario destinato all’attività agricola, svolta dall’acquirente in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale”.
Solo con l’art. 7, comma 5-bis del D.Lgs. n. 99/2004, il Legislatore, dopo avere esteso l’applicazione dell’agevolazione a tutto il territorio nazionale, ha precisato che: “Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l’estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (CE) nn. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni”.
Una tale affermazione porta ad affermare che per la determinazione del compendio unico si dovranno preliminarmente esaminare le delibere delle singole Regioni o Provincie autonome e solo successivamente, se non diversamente stabilito, si potrà applicare il concetto di livello minimo di redditività.
A ben vedere, a chi sostiene di volere equiparare il concetto di compendio unico a quello di minima unità colturale espresso dall’abrogato art. 846, Codice Civile, si oppone la stessa Ordinanza della Corte di Cassazione presa oggi in esame (n. 20961/2022), che ha puntualizzato, al suo interno, come la minima unità colturale facesse riferimento alle necessità della famiglia coltivatrice diretta e alla conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria, mentre, al contrario, il compendio unico intende dare peso all’aspetto produttivo dell’azienda agricola, stabilendo condizioni per il conseguimento di agevolazioni fiscali allo scopo di garantire un livello minimo di redditività.