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Con Provvedimento 16 settembre 2022, prot. n. 356446/2022, l’Agenzia delle Entrate ha definito modalità e termini per la presentazione della domanda per accedere alla definizione agevolata delle liti pendenti, alla data del 16 settembre 2022, innanzi alla Corte di Cassazione.
L’istanza deve essere presentata, a mezzo Posta Elettronica Certificata, entro il 16 gennaio 2023 all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che è parte nel giudizio pendente.
Nell’ambito della c.d. “Riforma del processo tributario”, l’art. 5, Legge n. 130/2022, ha previsto la possibilità di definizione agevolata delle liti tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione.
Con Provvedimento 16 settembre 2022, prot. n. 356446/2022, l’Agenzia delle Entrate ha definito modalità e termini per accedere alla definizione agevolata in esame. A tal fine deve essere presentata un’apposta istanza, entro il termine ultimo del 16 gennaio 2023.
Infine, con Risoluzione n. 50/E del 23 settembre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo da esporre nel Modello F24 ai fini della definizione in esame.
Ai sensi dell’art. 5, comma 4, Legge n. 130/2022, per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro il 16 settembre 2022 (data di entrata in vigore della Legge n. 130/2022), a condizione che alla data di presentazione della domanda di definizione non sia intervenuta una sentenza definitiva. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima del 16 settembre 2022.
L’art. 5, commi 1 e 2, Legge n. 130/2022, prevede che possano essere oggetto di definizione le liti tributarie per le quali l’Agenzia delle Entrate risulta:
La definizione agevolata in esame non è quindi applicabile in caso di totale soccombenza del contribuente in entrambi i gradi di giudizio.
Ai fini dell’individuazione del valore della lite, da assumere a base del calcolo per la definizione, occorre far riferimento all’art. 16, comma 3, Legge n. 289/2002 e, pertanto, rileva l’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento. Per le controversie relative esclusivamente a sanzioni non collegate al tributo, il valore della lite è determinato dall’importo delle stesse.
Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti e dai tributi nello stesso indicati.
Dalla definizione in esame sono espressamente escluse le controversie concernenti anche solo in parte:
La definizione in esame richiede il pagamento di una somma differenziata a seconda della soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nella lite.
In particolare, per le liti per le quali l’Agenzia delle Entrate risulta:
Nel computo delle somme dovute è possibile tener conto degli eventuali versamenti già effettuati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. Non è invece prevista la restituzione di quanto già versato in misura superiore rispetto a quanto dovuto per la definizione.
L’adesione alla definizione agevolata comporta la contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della Legge n. 89/2001. Inoltre, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.
Il versamento delle somme dovute deve essere effettuato in unica soluzione (non è ammesso il pagamento in forma rateale) a mezzo Modello F24 (è escluso l’utilizzo in compensazione dei crediti eventualmente a disposizione del contribuente). Per ciascuna controversia autonoma deve essere effettuato un distinto versamento.
Con Risoluzione n. 50/E del 23 settembre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo da esporre nel Modello F24 ai fini della definizione in esame.
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Codice Tributo |
Denominazione |
Rateazione/Regione/Prov./Mese rif. |
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LP30 |
IVA e relativi interessi |
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LP31 |
Altri tributi erariali e relativi interessi |
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LP32 |
Sanzioni relative ai tributi erariali |
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LP33 |
IRAP e addizionale regionale IRPEF e relativi interessi |
Codice Regione |
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LP34 |
Sanzioni relative all’IRAP e all’addizionale regionale IRPEF |
Codice Regione |
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LP35 |
Addizionale comunale IRPEF e relativi interessi |
Codice catastale del Comune |
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LP36 |
Sanzioni relative all’addizionale comunale IRPEF |
Codice catastale del Comune |
Il campo “codice ufficio” deve essere valorizzato con il codice della Direzione regionale o provinciale dell’Agenzia delle Entrate (ufficio legale), del Centro operativo di Pescara, ovvero dell’Ufficio provinciale - Territorio di Milano, Napoli, Roma o Torino, parte in giudizio. Tali codici sono reperibili nelle “Tabelle dei codici e denominazioni delle direzioni centrali, regionali e provinciali delle entrate”, e nella “Tabella dei codici degli Uffici Provinciali - Territorio (U.P.T.) da utilizzare nel Modello F24”, pubblicate sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.
Il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, deve essere valorizzato con il codice della Regione o con il codice catastale del Comune destinatario. Tali codici sono reperibili nella “Tabella T0 - codici delle Regioni e delle Province autonome” e nella “Tabella T4 - Codici Catastali dei Comuni”, pubblicate sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.
Il campo “anno di riferimento”, infine, deve essere valorizzato con il periodo d’imposta o l’anno di registrazione indicato sull’atto oggetto della controversia, come desumibile dall’istanza di definizione.
Qualora il versamento sia eseguito da un soggetto diverso da quello che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, nel campo “codice fiscale” della sezione “CONTRIBUENTE” del Modello F24 deve essere indicato il codice fiscale del soggetto che effettua il versamento. In tal caso, nel campo “codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” va riportato il codice fiscale del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, unitamente all’indicazione, nel campo “codice identificativo”, del codice “71” (soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio).
Da ultimo si evidenzia che in mancanza di somme da versare, la definizione si perfeziona con la mera presentazione della domanda di definizione.
Al fine di beneficiare della definizione agevolata in esame è richiesta la presentazione di un’apposita istanza denominata “Domanda per la definizione delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione”, i cui termini e modalità di presentazione sono stati definiti dall’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento 16 settembre 2022, prot. n. 356446/2022.
La domanda deve essere presentata, per ciascuna controversia tributaria autonoma, ossia relativa al singolo atto impugnato, entro il 16 gennaio 2023, da parte del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Entro lo stesso termine è poi richiesto il versamento, in un’unica soluzione, delle somme dovute.
Il modello di domanda si compone del frontespizio, riguardante l’informativa sul trattamento dei dati personali, e delle sezioni nelle quali vanno riportati i dati necessari a identificare il soggetto che presenta la domanda, la controversia tributaria oggetto di definizione, l’atto impugnato, l’importo dovuto per la definizione e i dati del pagamento (il modello sarà reso disponibile gratuitamente sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate).
Alla domanda deve essere allegata:
La presentazione deve essere effettuata tramite invio all’indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che è parte nel giudizio di merito.
Si evidenzia che le liti potenzialmente definibili non sono sospese, salvo che il contribuente ne faccia espressa richiesta al Giudice, dichiarando di avvalersi della definizione in esame. In tale ipotesi il processo è sospeso fino al 16 gennaio 2023.
La definizione si perfeziona con la tempestiva presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti.
L’eventuale diniego della definizione deve essere notificato entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro 60 giorni dinanzi alla Corte di Cassazione.