Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
La norma sugli extra profitti, introdotta dall’art. 15-bis del D.L. n. 4/2022, è nata male e rischia di creare un terremoto finanziario, specie per i piccoli produttori.
Ricordiamo che il Governo, con il comprensibile intento di far contribuire al sostegno del bilancio pubblico quelle imprese che stavano generando importanti profitti dagli aumenti del costo dell’energia, al fine di sostenere anche gli interventi straordinari in favore di famiglie e imprese, ha stabilito che a decorrere dal 1° febbraio 2022 e fino al 30 giugno 2023 (proroga apportata dall’art. 11, comma 1, D.L. n. 115/2022,) sia istituito un meccanismo per contenere il prezzo dell’energia corrisposto a:
In base al meccanismo previsto dalla norma, stabilito un prezzo di riferimento (si veda la tabella 1), spetta al GSE calcolare la differenza tra il prezzo effettivamente corrisposto al produttore nelle precedenti fatture ed il suddetto prezzo di riferimento. Qualora la differenza sia positiva, il GSE provvede a richiedere al produttore l'importo corrispondente oppure, in caso di importi che lo consentono, può conguagliare tale importo con quanto spettante al produttore per l’energia ceduta nel mese di ottobre.
|
CNOR |
CSUD |
NORD |
SARD |
SICI |
|
58 |
57 |
58 |
61 |
78 |
Tabella 1 Allegato 1-bis al D.L. n. 4/2022 - Valori convenzionali per zona geografica rappresentati in €/mWh
In base alla modifica apportata dal D.L. n. 144/2022 al sesto comma del citato art. 15-bis, “i proventi derivanti dall'attuazione (…) sono versati dal GSE, entro il 30 novembre 2022 in modo cumulato per il periodo da febbraio ad agosto 2022 e su base mensile per i mesi successivi, all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisiti all'erario fino a concorrenza dell'importo complessivo di 3.739 milioni di euro”.
Tralasciando le polemiche (a nostro avviso condivisibili) circa l’incostituzionalità del provvedimento, in quanto confliggerebbe con il principio di uguaglianza nella contribuzione alle spese pubbliche di cui agli artt. 3 e 53 e introduce un prezzo politico ad un bene derivante da un’impresa privata soggetta al rischio d’impresa, da qualche giorno il GSE sta inviando delle fatture elettroniche con le quali addebita ai produttori la differenza sul prezzo dell’energia già corrisposto. Si tratta di fatture di importi ingenti per le quali è stato disposto il pagamento, a mezzo PagoPA, entro il 31 ottobre 2022; un termine talmente ravvicinato che è impensabile per molte imprese potervi provvedere.
Per le imprese agricole che svolgono l’attività connessa di produzione di energia elettrica, i cosiddetti extra profitti hanno rappresentato entrate finanziarie spesso già interamente utilizzate per far fronte ai maggiori costi per mangimi, concimi, energia, carburanti ed inflazione, nonché per far fronte ai danni procurati dalle calamità atmosferiche, dalla siccità (e connessi minori raccolti) e dalle problematiche derivate dalle misure sanitarie di contenimento per PSA e aviaria. Parzialmente, su alcune di queste “imponderabili sventure” le imprese hanno beneficiato di modeste misure di sostegno (ad esempio, i crediti d’imposta per carburante, energia e gas). Nei prossimi mesi, le imprese che ne avranno diritto, percepiranno anche gli indennizzi (parziali) per le avversità climatiche e pandemiche (zootecnia).
È difficile immaginare che tutte queste imprese abbiano nella loro disponibilità le risorse per pagare al GSE quanto richiesto, specie negli stringenti termini previsti.
Le imprese agricole potrebbero “avere in pancia” dei crediti d’imposta non spesi (e forse non utilizzabili) che però, in questo momento, nessuno vuol acquisire; ci si riferisce, in particolare, ai crediti per energia, gas e carburante, in quanto il relativo credito deve essere utilizzato in compensazione entro termini stringenti (31 dicembre 2022 oppure 31 marzo 2023) a pena della perdita del credito stesso.
Un’altra soluzione potrebbe essere quella di consentire una forma di rateizzazione per queste piccole imprese, magari collegata alla possibilità di cedere allo stesso GSE o ad altri soggetti istituzionali i propri crediti d’imposta per generare la liquidità sufficiente.
Oltre all’enorme incognita sulle risorse a disposizione delle imprese agricole per la revisione del prezzo applicato all’energia ceduta dallo scorso febbraio, occorre comprendere come inquadrare le fatture elettroniche che il GSE sta trasmettendo alle imprese agricole. Infatti, se per le fatture attive il GSE invia un prospetto “proforma” ed è il produttore che, sulla base di tale prospetto, emette la fattura per l’energia ceduta, in questo caso il Gestore ha proceduto autonomamente all’emissione di una fattura addebitando la differenza del prezzo rideterminato, applicando l’articolo 15-bis. Non è escluso che questa procedura sia stata adottata per dare immediata ufficialità ai crediti vantati dal GSE per il recupero degli extra profitti, senza attendere l’emissione delle note di credito e, conseguentemente, i pagamenti dei produttori.
Gran parte delle imprese agricole che hanno ricevuto le suddette fatture di addebito determinano il reddito per l’energia prodotta oltre i 260.000 kWh con il metodo forfettario disposto dal comma 423 della Legge n. 266/2005.
La disposizione prevede che “per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti di cui all'articolo 1, comma 1093, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinato, ai fini IRPEF ed IRES, applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell'energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25%, fatta salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari”.
Dato che le fatture ricevute dal GSE sono rilevate negli acquisti, tecnicamente non dovrebbero incidere sull’ammontare dei corrispettivi e, paradossalmente, i produttori agricoli rischiano di essere tassati su profitti non effettivi, salvo la possibilità di optare per l’ordinaria tassazione adeguando il proprio impianto contabile.
Tuttavia, riteniamo che le fatture del GSE, avendo come oggetto la “Rettifica prezzo di cessione energia ai sensi dell’art. 15-bis del Decreto 27 gennaio 2022, n. 4” e richiamando i diversi periodi di fatturazione, di fatto, si colleghino in maniera chiara e diretta alle operazioni attive precedentemente fatturate dal produttore. Si potrebbe quindi considerare tali fatture una sorta di storno parziale delle fatture già emesse. Sul punto però servirebbe un chiarimento dell’Amministrazione Finanziaria in quanto la norma fa espressamente riferimento “all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto” ed essendo un regime forfettario non consente di considerare i costi sostenuti.