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Con la Sentenza n. 209 del 12 settembre 2022, depositata lo scorso 13 ottobre, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina IMU in materia di abitazione principale, stabilendo che ciascun possessore di immobili ha diritto all’esenzione dal tributo, a condizione che abbia residenza anagrafica e dimora abituale nell’immobile, e a prescindere dalla residenza e dalla dimora del coniuge o del convivente.
Tuttavia, tale declaratoria di illegittimità costituzionale non comporta l’estensione dell’esenzione alle c.d. seconde case e, pertanto, qualora non sia possibile stabilire con sufficiente certezza che in una delle due abitazioni il possessore non abbia la dimora abituale, l’esenzione può essere riconosciuta soltanto sull’altro immobile.
Come noto, l’art. 13, D.L. n. 201/2011, c.d. Decreto Salva Italia, ha qualificato come principale, esente da IMU, l’abitazione in cui il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente, stabilendo vieppiù che con due abitazioni insistenti nello stesso Comune il nucleo familiare ha diritto a una sola esenzione.
Tale disposizione normativa ha suscitato sin da subito un acceso dibattito dottrinale, poiché penalizzava le famiglie che per motivi di lavoro vivono in case di proprietà poste in Comuni diversi, ricongiungendosi solo nel fine settimana.
Con la Circolare n. 3/DF/2012, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha evidenziato che la nuova limitazione non opera qualora gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in Comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro Comune, ad esempio, per esigenze lavorative.
Tale impostazione non è stata tuttavia condivisa dalla Corte di Cassazione che, attendendosi al dato letterale della norma, ha escluso con costante giurisprudenza la possibilità di beneficiare dell’esenzione qualora il possessore e il suo nucleo familiare non dimorino stabilmente e non risiedano anagraficamente nello stesso immobile. Di conseguenza, qualora i due coniugi risiedano un due Comuni distinti, nessun fabbricato può essere considerato abitazione principale e, quindi, fruire dell’esenzione.
Al fine di dirimere i contenziosi scaturiti da tali opposti orientamenti, il Legislatore è intervenuto con l’art. 5-decies, D.L. n. 146/2021, c.d. Decreto Sostegni, stabilendo che qualora i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi, situati nel territorio comunale o in Comuni diversi, le agevolazioni riconosciute all’abitazione principale e alle relative pertinenze si applicano ad un solo immobile, scelto dai componenti il nucleo familiare.
L’impostazione adottata dal Legislatore ha suscitato un aspro dibattito, considerato che la preclusione alla fruizione dell’esenzione IMU accordata all’abitazione principale per i coniugi non aventi la stessa residenza, discrimina le persone coniugate o unite civilmente rispetto ai soggetti meramente conviventi.
La questione è stata quindi finalmente risolta dalla Corte Costituzionale che, con la Sentenza n. 209/2022 del 13 ottobre 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina IMU in materia di abitazione principale di cui al previgente art. 13, comma 2, D.L. n. 201/2011, nonché di quella attualmente vigente di cui all’art. 1, comma 741, lett. b), Legge n. 160/2019, c.d. Legge di Bilancio 2020, nella parte in cui tali disposizioni riferiscono i requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale non solo al possessore dell’immobile, ma anche ai componenti il suo nucleo familiare.
Ai fini IMU, pertanto, la qualifica di abitazione principale è subordinata soltanto alla sussistenza dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica in capo al possessore dell’immobile.
La Consulta ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale del quinto periodo dell’art. 13, comma 2, D.L. 201/2011, relativo alla scelta dell’immobile (unico) da qualificare come abitazione principale per i componenti dei nuclei familiari con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili differenti posti nello stesso Comune.
Ai fini della qualificazione dell’immobile come abitazione principale ricorre dunque la sola necessità che il possessore dell’immobile vi abbia stabilito la residenza anagrafica e la dimora abituale, senza che sussista l’obbligo di individuare un solo immobile da qualificare come abitazione principale per i componenti del nucleo familiare con residenza e dimora in immobili differenti.
In buona sostanza, in presenza di due coniugi, ciascuno possessore di un immobile, sito nello stesso Comune o in due Comuni diversi, nel quale vi abbiano stabilito la propria residenza anagrafica e la dimora abituale, l’esenzione IMU di cui all’art. 1, comma 740, Legge n. 160/2019, o le agevolazioni di cui all’art. 1, commi 748 e 749, Legge n. 160/2019 (aliquota ridotta e detrazione), possono essere fruite da entrambi i coniugi.
Come peraltro evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale, la declaratoria di illegittimità in esame non determina in alcun modo l’estensione dell’esenzione IMU alle seconde case. Pertanto, qualora non sia possibile stabilire con sufficiente certezza che in una delle due abitazioni il possessore ha la dimora abituale, l’esonero dovrà essere riconosciuto solo sull’altro immobile.
A tal fine, la Corte Costituzionale sollecita i Comuni a verificare, mediante, ad esempio, la consultazione dei dati delle utenze domestiche (gas, acqua e energia elettrica), la congruenza della richiesta di agevolazione avanzata dal contribuente.
La Sentenza della Consulta legittima il recupero dell’IMU da parte dei soggetti che hanno versato, negli ultimi cinque anni, l’imposta sulla casa di residenza dell’altro coniuge, ubicata nello stesso Comune, nonché da parte di coloro che, in mancanza dell’unitarietà della dimora del nucleo familiare, hanno versato l’IMU per entrambe le abitazioni poste in Comuni diversi.
Il recupero della maggiore imposta versata lo scorso mese di giugno può essere effettuato, almeno da parte dei soggetti che dispongono di immobili ulteriori rispetto all’abitazione principale, già nel prossimo mese di dicembre, scomputando quanto versato in eccesso dall’importo dovuto a titolo di saldo IMU 2022.
In alternativa è possibile recuperare l’eccedenza presentando, entro cinque anni dal versamento, apposita istanza di rimborso (o, se previsto dal regolamento comunale, scomputando la maggiore imposta versata da quanto dovuto a titolo di IMU 2023).
Ai Comuni permane la possibilità di contestare fittizie residenze tramite la verifica dei consumi dei servizi in rete, in particolare attraverso il controllo dei consumi idrici, gas e energia.
In relazione agli accertamenti definitivi, non contestati dal contribuente o non impugnati nei termini, il comune potrà, comunque, legittimamente rigettare la richiesta di rimborso, avendo però facoltà di procedere al rimborso. Invece, per i ricorsi pendenti, il Comune può annullare i propri atti e richiedere l’estinzione del giudizio con compensazione delle spese.