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Il regime speciale, previsto per i produttori agricoli e disciplinato dall’articolo 34 del D.P.R. n. 633/72, è ancora caratterizzato dalla presenza di atti di accertamento provenienti dall’Amministrazione Finanziaria, incentrati a contestare la deduzione ai fini del reddito d’impresa e della base imponibile IRAP, in capo alle imprese agricole, del cosiddetto costo IVA.
Il particolare regime fiscale, meglio noto come regime speciale, consiste nell’applicazione di un determinato meccanismo di detrazione IVA che si trasfonde direttamente sulla liquidazione della stessa e prevede l’applicazione di determinate percentuali di compensazione.
In particolare, per le cessioni di prodotti agricoli e ittici, compresi nella prima parte della Tabella A) allegata al D.P.R. 633/72, effettuate dai produttori agricoli, la detrazione IVA che ne scaturisce è forfettizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con Decreto del Ministro delle Finanze di concerto con il Ministro per le Politiche Agricole.
Un tale meccanismo ha chiaramente riflessi sulle liquidazioni periodiche dell’IVA e può determinare (in ambito di reddito d’impresa) rendite IVA o costi IVA, a seconda delle correlazioni che si possono presentare tra l’IVA effettivamente dovuta sugli acquisti e la corrispondente IVA detraibile in base alle percentuali di compensazione.
Al fine di rendere maggiormente chiaro il concetto, avvaliamoci di un esempio.
Supponiamo che un produttore di vino, in regime d’impresa, effettui cessioni per 10.000 euro + IVA al 22%, determinando una IVA vendite pari a 2.200 euro (10.000 × 0,22).
Lo stesso produttore, nello stesso periodo, ha effettuato acquisti di prodotti la cui IVA effettivamente pagata risulta essere pari a 1.000 euro (IVA acquisti).
Dovendo procedere alla liquidazione periodica IVA e non sussistendo, per esso, il regime speciale, il produttore di vino avrebbe dovuto versare 1.200 euro, importo risultante dalla differenza tra IVA vendite ed IVA acquisti (2.200 – 1.000 = 1.200 euro).
Diversamente, operando in regime speciale, allo stesso imprenditore è consentito di applicare la percentuale di compensazione del vino (12,3%) per determinare la propria detrazione IVA, facendo sorgere, conseguentemente, una sorta di rendita IVA. Infatti:
prodotto venduto: 10.000 euro + IVA al 22%;
IVA vendite: (10.000 × 0,22) = 2.200 euro;
percentuale di compensazione del vino: 12,3%;
detrazione IVA acquisti regime speciale: (10.000 × 0,123) = 1.230 euro;
nella liquidazione IVA periodica l’importo da versare sarà pari a:
IVA VENDITE: 2.200 –
IVA ACQUISTI 1.230 =
IVA da versare 970 euro
A ben vedere, lo stesso soggetto, avendo effettuato le medesime vendite e sostenuto i medesimi acquisti, operando in regime speciale, anziché versare allo Stato 1.200 euro di IVA, ne verserà solamente 970, determinando una rendita IVA pari alla differenza tra i due importi (1.200 – 970) = 230 euro.
Tale rendita sarà considerata un provento aggiuntivo e come tale sarà tassato al pari di ogni altro provento.
Viceversa, qualora l’IVA effettivamente assolta sugli acquisti risultasse superiore a quella corrispondente alle percentuali di compensazione, ad esempio, a seguito del sostenimento di maggiori costi afferenti la produzione, tutti ci aspetteremmo che il costo IVA scaturente potesse essere detratto effettuando un ragionamento coerente con quello fatto in precedenza, che poi andremo a chiarire.
Per cui, considerando gli stessi valori visti in precedenza, tranne il valore dell’IVA effettivamente pagata sugli acquisti, ora pari a 1.500 euro, avremmo:
IVA acquisti effettiva: 1.500 euro
IVA vendite: 2.200 euro
IVA detraibile (perc. comp.) 1.230 euro
Ordinariamente, nella liquidazione periodica, avremmo dovuto versare 700 euro (2.200 – 1.500), ma, considerato il regime speciale e la percentuale di compensazione applicata, la liquidazione periodica avrà richiesto un versamento pari a 970 euro (2.200 – 1.230), determinando un conseguente costo IVA pari a 270 euro (970 – 700).
Negli atti di accertamento trasmessi dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti che, operando in tale regime speciale, portano in deduzione dal reddito l’eventuale costo IVA, viene fatto esplicito riferimento al dispositivo dell’articolo 99, comma 1 del TUIR, il quale stabilisce che “le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento”.
Inoltre, appellandosi anche ad una Nota ministeriale del 1980, la n. 9/869, viene giustificata l’indeducibilità del tributo per il fatto che “l’IVA indetraibile deve concorrere, ai fini IRPEF/IRES, a integrare il costo sostenuto (per immobilizzazioni e beni merce), ovvero, dev’essere spesata quale costo di esercizio”.
Mancando, nel regime speciale, la possibilità di effettuare una tale integrazione con i costi effettivamente sostenuti, l’indeducibilità del costo IVA ne sarebbe una diretta conseguenza.
Per quanto il parere espresso dall’Agenzia delle Entrate trovi corrispondenza nei giudizi espressi in diverse Commissioni Tributarie, riteniamo alquanto opinabile il fondamento giuridico su cui si appoggia.
Infatti, lo stesso articolo 99 del TUIR, laddove vuole indicare le fattispecie a cui applicare l’indeducibilità del tributo, ne propone la casistica, lasciando aperta la via della deducibilità per quelle diverse.
Inoltre, il regime speciale è un regime naturale per le imprese agricole, istituito con l’intento di introdurre una norma settoriale di favore, la quale, in primo luogo, verrebbe “depotenziata” nei confronti di coloro che intendono effettuare investimenti e, in secondo luogo, risulterebbe asimmetrica nell’atteggiamento impositivo, prevedendo l’imponibilità sul provento determinato dall’insorgenza della rendita IVA, ma non consentendo la deducibilità del costo IVA qualora questo dovesse emergere.
Anche l’ipotesi di uscire dal regime speciale per adottare quello ordinario al fine di ottenere la possibilità di dedurre il costo IVA ci sembra una forzatura ingiustificabile, che non trova corrispondenza in un ordinamento legislativo in cui le scelte non dovrebbero essere preordinate a calcoli di pura convenienza economica.