Nell’ambito della Legge di Bilancio 2023 è previsto, tra l’altro, l’aumento da 65.000 a 85.000 euro della soglia di ricavi o compensi per l’accesso e la permanenza nel regime forfettario. È, altresì, previsto che il superamento, in corso d’anno, della nuova soglia di ricavi o compensi di 100.000 euro, determini l’immediata fuoriuscita dal regime agevolato, con la conseguente applicazione del regime ordinario IRPEF.
A favore dei soggetti che non aderiscono al regime forfettario, invece, è prevista l’applicazione di una flat tax incrementale del 15%, sull’aumento di reddito registrato nel 2023 rispetto al maggiore tra quelli del triennio 2020 – 2022 e, comunque, su una base imponibile d’importo non superiore a 40.000 euro.
Le condizioni per l’accesso e la permanenza nel regime forfettario
Come noto, il regime forfettario, di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, Legge n. 190/2014, è destinato ai contribuenti che, nel periodo d’imposta precedente, rispettano talune condizioni relative a:
- ricavi e compensi;
- spese per l'impiego di lavoratori.
Allo stato attuale, in particolare, possono accedere al regime forfettario le persone fisiche esercenti attività di impresa, arte o professione che, nell'anno solare precedente, hanno conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori alla soglia di 65.000 euro.
I ricavi ed i compensi da assumere, applicando lo stesso criterio di computo (competenza o cassa) previsto dal regime fiscale e contabile applicato nel periodo d’imposta precedente, ai fini del computo della soglia, sono:
- per gli imprenditori individuali, quelli individuati negli artt. 57 e 85, TUIR;
- per gli esercenti arti e professioni, quelli individuati nell'art. 54, TUIR.
In caso di esercizio dell'attività per periodi inferiori all'anno solare, i ricavi conseguiti e/o i compensi percepiti devono essere ragguagliati ad anno. Nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.
Ai fini dell’accesso al regime forfettario, è poi richiesto che il contribuente non abbia sostenuto spese, per un ammontare complessivamente superiore a 20.000 euro lordi annui, per lavoro accessorio di cui all'art. 70, D.Lgs. n. 276/2003, per lavoratori dipendenti e per collaboratori di cui all'art. 50, comma 1, lett. c) e c-bis), TUIR, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati in partecipazione di cui all'art. 53, comma 2, lett. c), TUIR, e le spese per prestazioni di lavoro di cui all'art. 60, TUIR (lavoro prestato dall'imprenditore, dal coniuge, dai figli e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all'impresa di cui al comma 4 dell'art. 5, TUIR).
Oltre ai requisiti di accesso, sono previste anche alcune cause ostative all'applicazione del regime forfettario. In particolare, l’adesione al regime è preclusa:
- alle persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfettari di determinazione del reddito;
- ai soggetti non residenti, ad eccezione di quelli residenti in uno dei Paesi membri dell'Unione Europea o in uno Stato aderente all'accordo sullo Spazio Economico Europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che produca, nel territorio dello Stato, redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto;
- ai soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'art. 10, comma 1, n. 8), D.P.R. n. 633/1972, o di mezzi di trasporto nuovi in ambito intracomunitario di cui all'art. 53, comma 1, D.L. n. 331/1993;
- ai soggetti che, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, partecipano a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all’art. 5, TUIR, o che controllano, direttamente o indirettamente, società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni;
- ai soggetti la cui attività è esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro (sono esclusi i soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni);
- ai soggetti che, nell'anno precedente, hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui agli artt. 49 e 50, TUIR, eccedenti la soglia di 30.000 euro (la verifica di tale soglia non è richiesta qualora il rapporto di lavoro sia cessato).
In relazione alla preclusione posta in capo ai soggetti che partecipano a società di persone, si evidenzia che la causa ostativa non opera qualora la stessa sia rimossa nell'anno precedente a quello di applicazione del regime forfettario. Di conseguenza, i contribuenti che intendono aderire al regime forfettario dal 2023 (beneficiando delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 di seguito illustrate), sono tenuti a cedere le quote di partecipazione detenute in società di persone e associazioni assimilate entro il prossimo 31 dicembre 2022.
Il possesso di quote in società semplici che determinano il reddito su base catastale non preclude, invece, l’accesso al regime forfettario.
Le novità recate dalla Manovra di Bilancio 2023 in tema di regime forfettario
Nella riunione del Consiglio dei Ministri tenutasi lo scorso 21 novembre, è stato approvato il D.D.L. “BILANCIO 2023”, nell’ambito del quale sono previste alcune significative modifiche al regime forfettario di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, Legge n. 190/2014.
In particolare, sulla base delle anticipazioni rese dalla compagine governativa, è previsto l’incremento del limite di ricavi e compensi per l’accesso e la permanenza nel regime di cui all’art. 1, comma 54, lett. a), L. 190/2014, che passerebbe dagli attuali 65.000 euro alla nuova soglia di 85.000 euro (non si registrano, invece, modifiche alle altre condizioni che legittimano l’applicazione del regime).
Di conseguenza, qualora un contribuente forfettario percepisca, entro il 31 dicembre 2022, ricavi e/o compensi per un ammontare complessivo pari, ad esempio, a 80.000 euro, potrà continuare ad applicare il regime agevolato, atteso che i ricavi e/o i compensi non superino la nuova soglia di 85.000 euro.
Tuttavia, qualora in corso d’anno venga superata la nuova soglia di 100.000 euro di ricavi e/o compensi, è prevista l’immediata fuoriuscita dal regime forfettario, con il conseguente transito al regime IRPEF ordinario e ai conseguenti adempimenti (anche e soprattutto in termini di IVA).
In caso di superamento della soglia di 85.000 euro, ma non di quella di 100.000 euro, il transito al regime ordinario è invece rinviato all’anno successivo (come attualmente previsto in caso di superamento dei requisiti d’accesso o al verificarsi di una delle cause di esclusione).
Si evidenzia che l’incremento della soglia a 85.000 euro richiede l’autorizzazione della Commissione europea (si ricorda che l’Italia ha già ottenuto l’autorizzazione ad esentare da IVA i contribuenti con volume di affari annuo non superiore alla soglia di 65.000 euro sino al 31 dicembre 2024).
Le incognite circa eventuali possibili modifiche in sede di approvazione della Legge di Bilancio, prudenzialmente, ci inducono a suggerire di non anticipare, se possibile, ricavi e compensi già nell’anno in corso.
La nuova flat tax sul reddito incrementale
Nell’ambito della Manovra di Bilancio 2023, è poi prevista la possibilità, a favore dei contribuenti che non aderiscono al regime forfettario, di applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito IRPEF, un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali, calcolata con un’aliquota del 15% su una base imponibile, comunque, non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, determinato nel 2023, e il reddito, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5% di quest’ultimo ammontare.
Ipotizziamo, ad esempio, un imprenditore individuale che nel triennio 2020 - 2022 presenti i seguenti volumi di reddito:
- 100.000 euro nel 2020;
- 90.000 euro nel 2021;
- 103.000,00 euro nel 2022.
e che nel 2023 consegua ricavi per 130.000 euro.
Il reddito massimo registrato nel triennio di riferimento è pari a 103.000, conseguito nel periodo d’imposta 2022. Il reddito incrementale, dato dal confronto tra il reddito 2023 e quello 2022 (130.000 - 103.000), è quindi pari a 27.000 che, decurtato del 5% dell’importo del reddito più elevato registrato nel triennio, pari a 5.150 euro (103.000 x 5%), costituisce la base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva del 15%.
La base imponibile è quindi pari a 21.850 euro (27.000-5.150) che, assoggettata alla flat tax incrementale del 15%, determina un’imposta sostitutiva dell’IRPEF di 3.277,50 euro.
È tuttavia previsto che nella determinazione degli acconti, dovuti ai fini dell’IRPEF, e delle relative addizionali per il periodo d’imposta 2024 si assuma, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando la nuova flat tax incrementale.
La quota di reddito assoggettata all’imposta sostitutiva concorre alla formazione del reddito rilevante per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria.
©RIPRODUZIONE RISERVATA