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Con Sentenza n. 35385 del 1° dicembre 2022, la Corte di Cassazione è tornata a esprimersi sulla sanzione applicabile in caso di utilizzo in compensazione di un credito IVA esistente oltre il limite massimo sancito dall’art. 34, Legge n. 388/2000.
Richiamando il proprio costante orientamento, i Giudici di legittimità hanno ribadito che la violazione del limite di legge equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste. Tuttavia, ai fini dell’irrogazione della sanzione per omesso versamento, trova applicazione il principio del favor rei e, pertanto, qualora successivamente all’utilizzo del credito in compensazione sia stato innalzato il tetto massimo dei crediti IVA compensabili, la sanzione deve essere determinata avendo riguardo a tale maggior limite.
Come noto, l’art. 34, Legge n. 388/2000, individua il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi che possono essere compensati, ovvero rimborsati ai titolari di Conto fiscale, in ciascun periodo d’imposta.
A seguito delle novità recate dall’art. 1, comma 72, Legge n. 234/2021, a decorrere dall’anno 2022, il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili è fissato a 2 milioni di euro.
Come ribadito a più riprese dalla Corte di Cassazione, l’utilizzo in compensazione di crediti esistenti per importi superiori al limite di legge equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionato dall’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, in misura pari al 30% del credito utilizzato in eccesso.
Con Sentenza n. 35385, depositata lo scorso 1° dicembre 2022, la Corte di Cassazione ha sostenuto che, ai fini dell’irrogazione della sanzione per omesso versamento, trova applicazione il principio del favor rei sancito dall’art. 3, D.Lgs. n. 472/1997. Di conseguenza, qualora successivamente all’utilizzo del credito in compensazione venga innalzato il limite massimo dei crediti IVA compensabili, la sanzione deve essere rideterminata facendo riferimento a tale maggior limite.
Il caso esaminato nella sentenza in esame riguarda una società a responsabilità limitata che nel periodo d’imposta 2021 ha utilizzato in compensazione, nel Modello F24, un credito IVA per un importo superiore al limite massimo allora vigente, pari a 516.456,90 euro.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi notificato alla società il corrispondente atto di recupero del credito IVA utilizzato in compensazione orizzontale in misura superiore al limite, maggiorato di sanzioni e interessi.
La società ha quindi impugnato l’atto di recupero innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, che ne ha, tuttavia, rigettato le ragioni. L’appello proposto dalla soccombente dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria è stato, invece, accolto. I Giudici Regionali, in particolare, hanno avallato le motivazioni addotte dalla società, secondo cui i limiti alla modalità di esercizio della compensazione tra crediti IVA e debiti relativi ad altre imposte (c.d. compensazione orizzontale), previsti dall’art. 34, Legge n. 388/2000, sono incompatibili con la Direttiva n. 2006/112/CE in materia di IVA.
L’Agenzia delle Entrate ha censurato la sentenza della CTR e la questione è stata quindi sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione.
I Giudici di legittimità hanno, innanzitutto, evidenziato che la fissazione di un limite massimo alle compensazioni orizzontali risponde all’esigenza di evitare un eccessivo squilibrio tra le entrate fiscali e le previsioni di gettito fiscale annuale. Tale previsione è, peraltro, conforme alle indicazioni recate dalla Direttiva n. 2006/112/CE e alla giurisprudenza unionale. La limitazione in esame, infatti, non incide sul principio di neutralità dell’imposta armonizzata, giacché i contribuenti, una volta raggiunto il limite annuo di compensazione ammessa, possono comunque recuperare il maggior credito, utilizzandolo in compensazione nell’anno successivo o, qualora ricorrano le condizioni previste dagli artt. 30 e 38, D.P.R. n. 633/1972, chiedere il rimborso dell’eventuale eccedenza a credito.
Tuttavia, l’innalzamento del limite per la compensazione dei crediti IVA determina una riduzione della condotta rilevante ai fini dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, che risulta, quindi, circoscritta all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto, con conseguente applicazione, ai processi ancora in corso, del regime sanzionatorio più favorevole al contribuente.