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Il 16 gennaio 2023 scade il termine di presentazione dell’Istanza per beneficiare della definizione agevolata delle liti tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione alla data del 16 settembre 2022.
L’adesione alla definizione delle liti pendenti, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, richiede il contestuale versamento delle somme dovute in un’unica soluzione.
In alternativa alla definizione agevolata prevista dall’art. 5, Legge n. 130/2022, è possibile fruire della definizione delle liti pendenti prevista dalla Legge di Bilancio 2023.
Come noto, l’art. 5, Legge n. 130 del 31 agosto 2022, prevede la possibilità, per i contribuenti che non sono stati integralmente soccombenti nei gradi di merito, di definire le liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, mediante il pagamento di determinati importi, correlati al valore della lite.
È previsto, in particolare, che per:
Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro il 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della Legge n. 130/2022, sempre che, alla data di presentazione dell’Istanza di definizione agevolata, non sia già intervenuta una sentenza definitiva.
L'adesione alla definizione agevolata delle controversie tributarie comporta la contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della Legge n. 89/2001. In ogni caso, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.
Con Provvedimento 16 settembre 2022, prot. n. 356446, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello di domanda per la definizione agevolata e le relative istruzioni, definendo altresì modalità e termini di presentazione. Il modello, in particolare, deve essere trasmesso alla PEC della Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate parte del processo entro il prossimo 16 gennaio 2023.
Con Risoluzione n. 50/E del 23 settembre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha approvato i Codici Tributo da esporre nel Modello F24 per il pagamento delle somme dovute.
La definizione agevolata richiede, per ciascuna controversia autonoma (ossia, relativa a ciascun atto impugnato):
Il tardivo o insufficiente pagamento delle somme dovute preclude l’efficacia della definizione agevolata.
Tuttavia, qualora non vi siano importi da versare (per effetto, ad esempio, della riscossione frazionata), la definizione si perfeziona con la mera presentazione della sola domanda di definizione.
Da ultimo, si evidenzia che, per espressa previsione legislativa, dalla definizione in esame sono escluse le controversie concernenti, anche solo in parte:
In alternativa alla definizione agevolata di cui alla Legge n. 130/2022, è possibile fruire della definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, alla data del 1° gennaio 2023, prevista dalla Legge di Bilancio 2023.
In particolare, l’art. 1, commi da 186 a 205, Legge n. 197/2022, consente di definire le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, atti di irrogazione delle sanzioni, ecc.).
Tale nuova definizione, in particolare, riguarda le controversie pendenti alla data del 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello presso la Corte di Cassazione e anche a seguito di rinvio, il cui ricorso in primo grado sia stato notificato alla controparte entro il 1° gennaio 2023 e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione, il processo non si sia concluso con una pronuncia definitiva.
È poi previsto che entro il prossimo 31 marzo 2023 gli Enti territoriali possano autonomamente stabilire l'applicazione della definizione de quo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui gli stessi siano parte.
Così come previsto per la definizione di cui alla Legge n. 130/2022, anche dalla definizione prevista dalla Legge di Bilancio 2023 restano espressamente escluse le controversie riguardanti, anche solo in parte:
La chiusura delle liti pendenti richiede il pagamento di un importo commisurato al valore della controversia, individuato ai sensi dell'art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 (importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato). Pertanto, se la controversia riguarda esclusivamente le sanzioni, il valore della controversia è dato dalla somma delle stesse.
In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la definizione richiede il versamento del 90% del valore della controversia.
Nell’ipotesi di soccombenza dell'Agenzia delle Entrate o dell’Agenzia delle Dogane nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data del 1° gennaio 2023, la controversia può essere invece definita con il pagamento di una percentuale del valore della lite differenziata, a seconda del grado di giudizio:
Nell’ipotesi, invece, di accoglimento parziale del ricorso o di soccombenza ripartita tra il contribuente e l'Agenzia, l'importo del tributo (al netto degli interessi e delle sanzioni) è dovuto:
In relazione alle controversie pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione, per le quali l'Agenzia risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, la definizione richiede il versamento di un importo pari al 5% del valore della controversia.
Infine, le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data del 1° gennaio 2023. Negli altri casi è, invece, previsto il pagamento del 40% del valore della controversia. Ai fini della definizione delle controversie relative esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, non è invece richiesto il pagamento di alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione agevolata in esame.
La definizione agevolata delle liti fiscali pendenti richiede la presentazione, da parte del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, da colui che vi è subentrato o che ne ha la legittimazione, di un'apposita domanda di definizione.
In particolare, entro il termine del 30 giugno 2023, per ciascuna controversia autonoma (ossia, relativa a ciascun atto impugnato), deve essere presentata una distinta domanda (esente da bollo) ed effettuato un distinto versamento.
La definizione in esame si perfeziona a seguito della presentazione dell'apposita domanda e del pagamento degli importi dovuti o della prima rata (senza la possibilità di utilizzare in compensazione orizzontale gli eventuali crediti a disposizione).
In presenza di importi superiori a 1.000 euro, infatti, le somme dovute possono essere rateizzate in un massimo di venti rate trimestrali. Il pagamento delle rate successive alla prima, sulle quali sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale, deve essere effettuato entro il 30 settembre, il 20 dicembre, il 31 marzo e il 30 giugno di ciascun anno.
Dagli importi dovuti è possibile scomputare quanto già versato in pendenza di giudizio. A seguito della definizione, tuttavia, il soggetto interessato non ha diritto alla restituzione delle somme già versate, pur se eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.
L'eventuale diniego della definizione è notificato al contribuente entro il 31 luglio 2024 con le stesse modalità previste per la notificazione degli atti processuali; lo stesso è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale la lite è pendente.
A differenza di quanto previsto dalla definizione agevolata di cui all’art. 5, Legge n. 130/2022, ove è previsto un doppio limite di accesso costituito dal valore della lite (50.000 euro se l’Agenzia delle Entrate è risultata in parte soccombente nei precedenti gradi di giudizio e 100.000 euro se è, invece, risultata interamente soccombente nei precedenti gradi di giudizio) e dalla necessità che l’Erario sia stato, anche solo in parte, soccombente nei gradi di giudizio, la definizione introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 non prevede alcuna soglia monetaria e non richiede che l’Erario sia stato soccombente in alcun grado di giudizio.
Quest’ultima definizione, inoltre, può riguardare, oltre ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, anche quelli di competenza dell’Agenzia delle Dogane.
Ai fini dell’adesione ad una delle definizioni agevolate delle controversie tributarie, è dunque necessario valutare attentamente ciascuna specifica situazione, considerando, inoltre, che la definizione agevolata proposta dalla Legge di Bilancio 2023 accorda la possibilità di dilazionare fino ad un massimo di venti rate le somme dovute.