L’art. 19-bis.1, D.P.R. n. 633/1972, prevede alcune casistiche per le quali deve essere esclusa o ridotta la detrazione dell’IVA. In particolare, alla lett. i), la norma precisa che non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto, alla locazione, alla manutenzione, al recupero o alla gestione di fabbricati a destinazione abitativa.
Sugli immobili a destinazione abitativa, la detrazione IVA compete, invece, per le spese sostenute dalle imprese di costruzione o da quelle che pongono in essere delle locazioni esenti da IVA e che determinano l’imposta con applicazione del pro rata.
Recentemente la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della detraibilità IVA per una società agricola che aveva provveduto alla ristrutturazione di immobili, resi residenziali, destinati ad essere locati a terzi.
I Giudici, nell’Ordinanza n. 35256 pubblicata lo scorso 30 novembre 2022, hanno precisato che la limitazione imposta dalla norma alla detraibilità dell’IVA per le spese di ristrutturazione degli edifici ad uso abitativo trova la propria giustificazione ove l’utilizzatore finale benefici direttamente di tali lavori.
L’IVA, infatti, è un’imposta sui consumi che, per il meccanismo della rivalsa, dovrebbe colpire il solo consumatore finale.
Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’indetraibilità sancita dall’art. 19-bis.1, D.P.R. n. 633/1972, bisogna tenere distinti gli immobili ad uso abitativo, secondo la corrispondente destinazione urbanistica e catastale, che implicano il godimento diretto del consumatore finale, da quelli utilizzati per l’esercizio dell’impresa avente ad oggetto l’attività agricola per i quali la funzione abitativa dell’immobile è direttamente strumentale all’attività economica assoggettata a IVA.
Nel caso di specie, gli immobili abitativi ristrutturati sarebbero stati successivamente destinati ad un’attività di ospitalità e ricettività della clientela.
Nell’Ordinanza si precisa che le suddette considerazioni sono in linea con le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha chiarito che: “(…) il sistema comune dell’IVA è diretto a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale di tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA”.
Inoltre, i Giudici unionali hanno stabilito anche la rilevanza della variazione, nel tempo, del soggetto utilizzatore dei beni. Pertanto, l’uso esclusivamente per fini privati di un bene destinato all’azienda, seguito da un uso esclusivo per i fini della stessa, non può influire sul diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.
Il diritto alla detrazione si determina nel momento in cui l’imprenditore acquista un bene che intende destinare all’esercizio dell’attività economica (principio di inerenza) e ciò anche a fronte di un investimento previsionale, non seguito, pertanto, dall’immediato avvio dell’attività economica. Invece, qualora il bene non sia utilizzato successivamente, l’impresa che ha detratto l’IVA dovrà procedere alla rettifica dell’imposta detratta a monte. Ai fini della rettifica, il periodo di osservazione per i beni immobili è di dieci anni e il momento di entrata in funzione coincide con la data di acquisto o di ultimazione del bene.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto alla detrazione operato dall’impresa agricola che ha dapprima ristrutturato gli immobili abitativi per poi, in un secondo momento, destinarli ad attività turistico-ricettive.
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