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A partire dal 24 gennaio 2023, l’Unione Europea ha autorizzato l’immissione sul mercato, quale nuovo alimento, della farina di grillo. Nuovi scenari si aprono, quindi, per gli imprenditori agricoli che sono chiamati a valutare tali nuove opportunità di business. In mancanza, ad oggi, di chiarimenti normativi, esaminiamo di seguito il possibile inquadramento civilistico ed il relativo regime fiscale applicabile all’allevamento di insetti ed alla loro trasformazione in farina.
La Commissione UE, con il Regolamento di esecuzione datato 3 gennaio 2023-che modifica il Regolamento di esecuzione 2017/2470-ha autorizzato una società vietnamita alla commercializzazione, come nuovo alimento, della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico), ovvero la farina ottenuta da grilli, a seguito della richiesta effettuata dalla stessa società nel 2019.
L’allevamento dei grilli impone la necessità di predisporre un ambiente adeguato nel quale sia possibile garantire temperatura ed umidità costanti. In tale ambiente devono essere predisposte delle aree in cui posizionare cibo e acqua secondo le necessità; inoltre, in base alla quantità di grilli allevati, devono essere predisposte delle aree in cui tali insetti possano deporre le loro uova al fine di ottimizzare la riproduzione degli stessi e, conseguentemente, incrementare il quantitativo di animali allevati.
I grilli domestici sono onnivori, ma si cibano principalmente di verdure, frutta e cereali. Per la loro alimentazione è possibile utilizzare anche dei mangimi contenenti i nutrienti di origine vegetale e/o animale. È fondamentale garantire la continua disponibilità di cibo al fine di evitare il fenomeno del cannibalismo. Altro elemento necessario per garantire la salubrità degli insetti è la sistematica pulizia dagli escrementi.
I grilli domestici allevati, secondo le tradizioni culinarie di alcuni paesi dell’est asiatico, possono essere cucinati in vario modo. Dagli stessi è possibile ricavare una farina che potrà essere utilizzata per preparare alimenti maggiormente elaborati.
Coloro che intendono avviare un’attività di allevamento di grilli domestici devono, quindi, tenere in considerazione sia la produzione e cessione di insetti vivi, destinati al consumo immediato, sia la conservazione degli animali allevati, compresa l’ipotesi di trasformarli e commercializzarli come farina.
Dal punto di vista dell’inquadramento civilistico, l’attività di allevamento dei grilli sopra descritta pare possa coincidere con le previsioni dell’articolo 2135 del Codice Civile, il quale recita: “E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.
Il Legislatore stesso definisce cosa si intenda con coltivazione del fondo, selvicoltura ed allevamento di animali, ovvero “le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.
Per quanto attiene al primo elemento del ciclo biologico, l’attività agricola di allevamento consiste nel riprodurre ed accrescere animali al fine della successiva vendita. In questo specifico caso, ancorché il ciclo vitale del grillo domestico si concluda nell’arco di poche settimane, riteniamo che l’attività posta in essere da un allevatore possa essere ricondotta alla definizione di cura di un ciclo biologico o di una fase dello stesso.
Relativamente al collegamento con le risorse naturali (fondo, bosco e acque), elemento di connessione previsto dall’art. 2135 C.C., alla luce della norma stessa, questo può essere anche solo potenziale. In particolare, il collegamento con il terreno non viene meno qualora i mangimi necessari siano esclusivamente acquistati da terzi, a condizione che gli alimenti possano potenzialmente essere prodotti attraverso l’utilizzo del fondo coltivato, del bosco o delle acque a disposizione dell’imprenditore agricolo.
In questo caso, essendo il grillo domestico onnivoro, il rapporto di connessione con il fondo appare di più immediata percezione rispetto ad altre tipologie di animali allevabili nell’ambito di un’attività agricola e previste espressamente dalla disciplina fiscale (come ad esempio l’allevamento di carnivori quali volpi o cani).
Dal punto di vista fiscale, dal momento che il Legislatore, ad oggi, non ha fornito specifici chiarimenti in merito, si ritiene che il reddito derivante dall’allevamento di insetti non possa essere determinato su base catastale (ex art. 32 TUIR) e neppure in base ai parametri secondo la disciplina dell’art. 56, comma 5, e pertanto seguirà il Regime Ordinario previsto per le imprese che svolgono attività d’impresa.
Tale conclusione è stata raggiunta alla luce del fatto che, ad oggi, il Decreto Ministeriale avente ad oggetto, per ciascuna specie animale, il numero dei capi allevabili (tenendo conto delle potenzialità produttive del terreno condotto) e, di conseguenza, la possibilità di optare per la tassazione su base catastale, non contiene alcun riferimento alla specie degli insetti.
Un diverso ragionamento può essere sostenuto qualora l’attività sia diretta alla produzione di farina di grillo domestico.
Anche per tale attività di trasformazione dell’animale in farina, non risulterebbe applicabile la tassazione su base catastale, dal momento che il Decreto Ministeriale, datato 13 febbraio 2015, non contempla gli insetti fra i beni che possono essere oggetto delle attività agricole connesse di cui all'articolo 32, comma 2 lett. c TUIR.
Tuttavia, qualora l’allevatore trasformi prevalentemente gli insetti da egli stesso allevati, riteniamo che possa trovare applicazione il Regime di determinazione dell’imposta forfettario disposto dall’articolo 56-bis, comma 2, del TUIR, in base al quale il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi registrati e conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15%.
In ogni caso, al fine di fare rientrare la produzione di farina di insetti nell’ambito della tassazione forfettaria ai sensi del comma 56-bis, sarebbe opportuna anche una valutazione del processo produttivo da parte dell’Ministero dell’Agricoltura, anche alla luce degli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate (Circ. n. 44/2004 e n.44/2002) in materia di attività di trasformazione connesse all’attività strettamente agricola.
Si ritiene che coloro che dovranno valutare il processo debbano tenere in considerazione un contesto che comprende gli indirizzi di politica economica ed ambientale espressi anche dalla UE, i quali fanno propendere per un’evoluzione del settore degli allevamenti che non potrà non comprendere anche gli insetti.
Segnaliamo che questo argomento verrà ulteriormente approfondito e pubblicato nella Rivista di ConsulenzaAgricola.it.