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Con il Principio di diritto n. 1 del 10 gennaio 2023, l’Agenzia delle Entrate si è espressa sull’obbligo di emissione della Nota di variazione in aumento in caso di inefficacia di un accordo transattivo stipulato nell’ambito di un Piano Attestato di Risanamento ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), R.D. n. 267/1942 (c.d. Legge fallimentare).
In caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente assoggettato ad una delle procedure indicate dalle lett. a) e b) dell’art. 26, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, ossia:
il medesimo comma 3 dell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972, accorda la possibilità, al cedente o prestatore, di operare la variazione in diminuzione a partire:
In tale ipotesi, il cessionario o il committente è obbligato a registrare la variazione effettuata dal cedente o prestatore, rettificando la variazione originariamente operata. Per espressa previsione legislativa, tuttavia, da tale obbligo di annotazione della variazione in diminuzione, restano esclusi i cessionari o committenti assoggettati a procedure concorsuali (l’obbligo, pertanto, opera solo a fronte di piani attestati e di accordi di ristrutturazione del debito).
In buona sostanza, al ricorrere delle sopraindicate ipotesi, il cedente o prestatore è legittimato a recuperare, portandola in detrazione, l’imposta rimasta inevasa, mente il cessionario o committente è obbligato a ridurre la detrazione effettuata, riversando la maggiore imposta all’Erario.
Il successivo comma 5-bis dell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972 prevede che, qualora, successivamente all’emissione della Nota di variazione in diminuzione, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, il cedente o prestatore sia tenuto all’emissione di una Nota di variazione in aumento.
A sua volta, il cessionario o committente che ha registrato la variazione in aumento precedentemente operata dal cedente o prestatore, ha il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento.
Su tale articolato impianto normativo è ora intervenuta l’Agenzia delle Entrate che, con il Principio di diritto n. 1/2023, ha precisato che nelle ipotesi di Piani Attestati di Risanamenti pubblicati nel Registro delle Imprese, i cedenti o prestatori che si sono avvalsi della possibilità di emettere una Nota di variazione in diminuzione, sono obbligati all’emissione della Nota di variazione in aumento solo nell’ipotesi di successivo pagamento, in tutto o in parte, del relativo corrispettivo.
In particolare, qualora il piano di risanamento non venga ottemperato e si giunga ad una risoluzione dell’accordo, il cedente o prestatore non è tenuto all’emissione della Nota di variazione in aumento, giacché resterebbe comunque acclarato l’omesso versamento e l’obbligazione iniziale rimarrebbe comunque inadempiuta.
In questa ipotesi, infatti, successivamente all’emissione della Nota di variazione in diminuzione iniziale, seguirebbe l’emissione di una Nota di variazione in aumento a seguito della risoluzione dell’accordo e la conseguente emissione di una nuova variazione in diminuzione, conseguente all’ennesimo mancato pagamento.