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L’incremento dei costi energetici, seppur ridimensionato negli ultimi mesi, non permette di ipotizzare il ritorno ai valori del 2019. Le cause non sono solo riconducibili alla crisi ucraina, alla ripresa post pandemica o alla speculazione. Certo, si tratta di elementi che hanno condizionato gli andamenti dei prezzi degli ultimi 24 mesi, ma non bisogna trascurare gli orientamenti presi per il contenimento dei cambiamenti climatici e, specialmente, gli ambiziosi obiettivi dell’Unione Europea sull’abbandono dei combustibili fossili.
In particolare, è opportuno evidenziare come ben prima della crisi ucraina, nel 2021, l’Unione Europea con il c.d. Green Deal, ha avviato un percorso per rendere più rispettose dell’ambiente le politiche dell'Unione in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità, idonee a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Entro il 2050 l’Europa mira a diventare il primo continente a impatto climatico zero.
La crisi ucraina ha fatto emergere anche il problema della dipendenza dei Paesi membri dalle forniture di prodotti energetici da fonti estere, cosicché si stanno programmando delle misure straordinarie per accelerare la transizione energetica delle abitazioni, delle attività e della mobilità.
In questo contesto, ove l’intento di ogni Paese è quello di massimizzare l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili per ridurre la dipendenza energetica dalle fonti fossili, non bisogna dimenticare che sia gli impianti fotovoltaici, che quelli che utilizzano fonti energetiche agroforestali possono anche produrre e cedere energia termica.
Il Legislatore ha contemplato tali attività tra quelle connesse che l’impresa agricola può svolgere. In particolare, l’art. 1, comma 423, Legge n. 266/2005, prevede che: “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del Codice Civile e si considerano produttive di reddito agrario. Per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti di cui all'articolo 1, comma 1093, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinato, ai fini IRPEF ed IRES, applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell'energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25%, fatta salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all'Ufficio secondo le modalità previste dal Regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442”.
La presenza di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in prossimità di centri abitati consente alle imprese agricole la cessione dell’energia termica prodotta, evitando, in taluni casi, la dispersione e quindi lo spreco della stessa. Ma la cessione di energia termica in piccole comunità o nel caso di apporto a sistemi di teleriscaldamento già presenti, in molte località può senz’altro contribuire al duplice obiettivo di ridurre il consumo di combustibili fossili e, al contempo, ridurre le emissioni di CO2, specie in presenza di impianti a biomassa (ma non solo).
Il teleriscaldamento, al pari delle altre forniture di energia, è stato oggetto di un intervento anche ad opera della Legge di Bilancio 2023. L’art. 1, comma 16, Legge n. 197/2022, prevede infatti che, per il primo trimestre 2023, i servizi di teleriscaldamento siano soggetti all’aliquota IVA agevolata del 5%.
Sul tema è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento 15 febbraio 2023, prot. n. 43406, con il quale ha definito le modalità di attuazione della disposizione. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’aliquota del 5% si applica alle forniture di servizi di teleriscaldamento addebitate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023.
Nel caso in cui le forniture siano addebitate sulla base di consumi stimati, l’aliquota ridotta si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili (anche percentualmente) ai mesi di gennaio, febbraio e marzo dell’anno 2023, ancorché i predetti consumi effettivi siano addebitati agli utenti in fatture emesse successivamente.
L’Amministrazione Finanziaria ha anche precisato cosa debba essere inteso per servizio di “teleriscaldamento”, ricomprendendo in tale definizione i servizi forniti mediante le reti di teleriscaldamento di cui all’art. 2 comma 2, lett. gg), D.Lgs. n. 102/2014. Pertanto, tale rimando consente di applicare l’aliquota IVA del 5% ai servizi forniti da: “qualsiasi infrastruttura di trasporto dell’energia termica da una o più fonti di produzione verso una pluralità di edifici o siti di utilizzazione, realizzata prevalentemente su suolo pubblico, finalizzata a consentire a chiunque interessato, nei limiti consentiti dall’estensione della rete, di collegarsi alla medesima per l’approvvigionamento di energia termica per il riscaldamento (...) di spazi, per processi di lavorazione e per la copertura del fabbisogno di acqua calda sanitaria”.
Il fatto di riconoscere l’utilità sociale del teleriscaldamento, tramite l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta, seppur temporanea, speriamo possa fare comprendere l’importanza di valorizzare tutte le tipologie di energie rinnovabili che possono essere utilizzate e che soprattutto non devono essere sprecate.
Andrebbero quindi promossi e stimolati tutti gli interventi che consentono di recuperare energia dai processi produttivi agevolandone, quando possibile, la condivisione tramite reti comuni. Non è quindi la sola produzione di biometano (seppur forse la più interessante) l’unica direttrice su cui puntare per arrivare alla meta prefissata.