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Nell’attesa che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si pronuncino circa i criteri da adottare per distinguere tra crediti inesistenti e crediti non spettanti, con l’Ordinanza n. 5243 del 20 febbraio 2023, i Giudici di legittimità si sono pronunciati sui termini per il recupero dei crediti inesistenti.
L’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000, disciplina la rilevanza penale della fattispecie dell’indebita compensazione.
In particolare, il comma 1 dell’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000, prevede la reclusione da sei mesi a due anni in capo ai soggetti che utilizzano in compensazione orizzontale crediti non spettanti per un importo annuo superiore a 50.000 euro. Il successivo comma 2 del medesimo art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000, prevede, invece, la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni in capo ai soggetti che utilizzano in compensazione orizzontale crediti inesistenti per un importo annuo superiore a 50.000 euro.
L’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti costituisce, dunque, una fattispecie che assume grave rilevanza penale.
Anche in ambito amministrativo l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti costituisce una fattispecie di maggior gravità. L’art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997, prevede, infatti, che in caso di utilizzo di crediti inesistenti, trovi applicazione la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dei crediti indebitamente utilizzati in compensazione, mentre, in caso di utilizzo di crediti non spettanti, è applicabile la sanzione pari al 30% dei crediti utilizzati in compensazione (ossia, la medesima sanzione prevista per gli omessi versamenti).
Il comma 5 dell’art. 13, D.Lgs. 471/1997, fornisce anche la definizione di credito inesistente, intendendo tale il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli formali o la liquidazione delle dichiarazioni.
Con la recente Ordinanza n. 5243/2023, depositata lo scorso 20 febbraio, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui termini per il recupero dei crediti ritenuti inesistenti.
Dopo aver ribadito, sulla falsariga di quanto indicato dalla Sentenza n. 34444/2021, che per credito inesistente deve intendersi il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli previsti dagli artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973, e dall’art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’atto di recupero dei crediti può essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.
I Giudici di legittimità, in particolare, hanno sancito l’applicazione dell’art. 27, comma 16, D.L. n. 185/2008, secondo il quale: “Salvi i più ampi termini previsti dalla Legge in caso di violazione che comporta l’obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del Codice di Procedura Penale per il reato previsto dall’articolo 10-quater, del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, l’atto di cui all’articolo 1, comma 421, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 17, del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.”
Detto termine di decadenza decorre dalla data di presentazione della delega di pagamento contenente la compensazione del credito inesistente, e non dalla presentazione della dichiarazione in cui il credito è stato utilizzato (la violazione, infatti, non riguarda le maggiori imposte che avrebbero dovuto essere dichiarate, ma l’indebita compensazione).