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Sulla distinzione tra terreno e area edificabile, data anche la diversa rilevanza fiscale che ne discende, nel corso degli anni sono sorte diverse problematiche che hanno imposto al Legislatore di intervenire, per cercare di fornire una definizione univoca.
Con il D.L. n. 223/2006 è stato precisato che, ai fini IVA, dell’imposta di registro, delle imposte sui redditi nonché dell’IMU, un’area “è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione della Regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo”.
Secondo un orientamento ormai consolidato, la Giurisprudenza tende ad aderire letteralmente al dettato normativo e, pertanto, poco importa se lo strumento urbanistico adottato dal Comune (PRG) sia stato successivamente oggetto di fondate richieste di revisione o, anche se dopo diverso tempo dalla sua adozione, non abbia ancora avuto attuazione.
Recentemente tale orientamento è stato ripreso anche dalla Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 5516 del 22 febbraio 2023.
Nel caso di specie, il contribuente che aveva presentato il ricorso lamentava il fatto che il terreno dallo stesso venduto era stato ritenuto soggetto a plusvalenza ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b) TUIR, in quanto qualificato come edificabile. Secondo il ricorrente, non si era tenuto conto del fatto che sul terreno ceduto gravavano dei vincoli idrogeologici, ambientali ed urbanistici tali da escluderne ogni possibilità edificatoria. Vincoli di cui la Commissione tributaria Regionale avrebbe dovuto, secondo il contribuente, tener conto.
Gli ermellini hanno precisato che l’edificabilità di un’area deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel Piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi.
Pertanto, l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica determina, già di per sé, l’incremento di valore venale dell’area, “senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene deve essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo (Cass., sez. U. 30 novembre 2006, n. 2505; v. anche Cass. 10 agosto 2016, n. 16936; Cass. 20 novembre 2014, n. 24961)”.
La presenza di eventuali vincoli edificatori, che non escludono del tutto l’edificabilità - come invece accade, ad esempio, per le fasce di rispetto stradale o ferroviario (equiparate ai terreni agricoli secondo Cass. 30 marzo 2021, n. 8897) - può incidere sul valore dell’area ceduta, ma non sulla qualificazione della stessa (Cass. N. 3243/2021).
I Giudici, richiamando l’Ordinanza n. 29193 del 2020, hanno confermato il principio secondo cui, “atteso il chiaro tenore letterale dell'art. 67, TUIR, non contenente alcuna distinzione e/o specificazione, la norma assoggetta a tassazione la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di terreno sul quale lo strumento urbanistico vigente consenta, a qualunque titolo e per qualunque scopo, di edificare, senza che, pertanto, a nulla rilevi cosa e a qual fine si costruisca, considerato anche che “siffatta interpretazione non appare in contrasto con i precetti costituzionali (e, in particolare, con l'art. 3 Cost.), rientrando nella piena discrezionalità del legislatore non tassare la plusvalenza solo quando la stessa ha ad oggetto terreni agricoli e non suscettibili in alcun modo di utilizzazione edificatoria …”.
Per le cessioni a titolo oneroso di terreni non edificabili, compresi quelli agricoli, l’intento speculativo è sotteso nel caso in cui gli stessi siano stati acquistati da non più di cinque anni e ne fa rientrare l’eventuale plusvalenza nell’ambito dei redditi diversi di cui all’art. 67, TUIR.
Nel caso di specie, sulla base del certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto di cessione, era chiaro che al momento dell’atto l’area fosse qualificabile come edificabile. Pertanto, la plusvalenza determinata dalla cessione dell’area rappresentava un reddito diverso, ai sensi dell’art. 67, TUIR.