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I Giudici di prime cure della Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Como, con la recente Sentenza n. 53/2023, hanno stabilito che, ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta dell’IMU, la comunicazione prevista a pena di decadenza dalle delibere comunali non è necessaria qualora il Comune sia nelle condizioni di conoscere le notizie richieste con la stessa.
La controversia ha ad oggetto una società S.p.a. che possedeva e gestiva direttamente un immobile adibito ad albergo sul quale il Comune aveva previsto un’aliquota IMU ridotta. Infatti, il Comune di Como aveva deliberato l’applicazione di una aliquota ridotta IMU per i fabbricati di proprietà delle imprese da loro direttamente utilizzati.
Nella delibera comunale veniva specificato che il riconoscimento di detta agevolazione era subordinato alla presentazione di una apposita comunicazione da parte del contribuente, a pena di decadenza.
La società, nonostante ciò, aveva omesso la presentazione di tale comunicazione, ma aveva comunque liquidato l’imposta in misura ridotta. Seguiva quindi la notifica dell’avviso di accertamento da parte del Comune per omesso pagamento.
Il contribuente impugnava l’atto motivando il ricorso sul fatto che il Comune, essendo in possesso di diverse fonti informative per stabilire la sussistenza delle condizioni disposte nella delibera, come, ad esempio, la denuncia TARI e la SCIA, oltre che le visure camerali, non era legittimato a chiedere al contribuente ulteriori comunicazioni per la determinazione del tributo.
I Giudici di prime cure, invocando l’applicazione dei principi di collaborazione e buona fede, hanno rilevato che il Comune fosse già al corrente della situazione di fatto che avrebbe dato diritto all'agevolazione IMU visto che il contribuente aveva presentato, già anni prima, diverse dichiarazioni attestanti la situazione di fatto (tra queste la, dichiarazione TARSU, la SCIA, la dichiarazione TARI, ecc.).
In buona sostanza, il collegio giudicante non ha rilevato nessun obbligo dichiarativo in capo al contribuente che invoca l’applicazione di un’agevolazione, visto che il Comune era già nelle condizioni di conoscere le notizie richieste con tale dichiarazione.
Per tale motivo, i Giudici hanno accolto il ricorso di primo grado.
La pronuncia in esame è in linea con quanto precedentemente affermato dalla stessa Corte di Cassazione con Sentenza n. 12304/2017. In questo caso, i Giudici di legittimità hanno precisato che, qualora il Comune abbia stabilito, per taluni casi, il diritto a fruire di aliquota agevolata ove il contribuente presenti una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell'agevolazione, essa spetta comunque al contribuente ancorché questi non abbia presentato la suddetta dichiarazione, poiché, a quest'ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti all’Ente.
Tale principio trova il proprio fondamento nei dettami dell’art. 6 della L. n. 212 del 2000 che, al comma 4, prevede quanto segue: “Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'Amministrazione Finanziaria o di altre Amministrazioni Pubbliche indicate dal contribuente […]”.
Pertanto, se da un controllo incrociato delle banche dati e delle informazioni a disposizione del Comune, l’Ente è in grado di verificare la sussistenza in capo alla società di tutte le condizioni necessarie a usufruire del diritto all'applicazione dell'aliquota IMU ridotta, il Comune non può negare l’applicazione dell’agevolazione per il solo fatto che manca la comunicazione prevista dalla delibera comunale.