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Il Consiglio notarile di Firenze, con la Massima n. 78/2022, è tornato ad esprimersi sulla possibilità, per le società di persone, di nominare un amministratore estraneo, vista la mancanza di un indirizzo interpretativo costante sia in dottrina che in giurisprudenza.
Occorre premettere che una peculiarità delle società semplici è data dalla responsabilità dei soci nei confronti dei terzi.
Infatti, l’art. 2267 c.c., rubricato “Responsabilità per le obbligazioni sociali”, stabilisce che “I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”.
Dal tenore letterale della norma, si possono estrapolare due principi generali:
In merito al primo principio, occorre specificare che i soci che hanno agito nei confronti di terzi in nome e per conto della società sono illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali e nessuna pattuizione contrattuale può derogare a tale principio.
Per quanto riguarda il secondo punto, la norma prevede espressamente la possibilità di escludere (entro certi limiti e a determinate condizioni) alcuni soci dalla responsabilità illimitata e/o solidale per le obbligazioni sociali. Ciò è possibile attraverso un patto di esonero che può riguardare esclusivamente i soci non amministratori, ossia quei soggetti totalmente esclusi sia dall’amministrazione interna che esterna della società.
Alla luce di ciò, viste le discipline proprie delle singole tipologie societarie, i creditori devono poter contare sulla illimitata responsabilità:
A fronte di quanto sin qui accennato, spesso ci si è domandato se fosse possibile, nelle società di persone, nominare un amministratore estraneo che abbia piena facoltà di agire in nome e per conto della società.
È dato per assodato, vista l’espressa previsione normativa, che nelle S.a.s. non sia possibile nominare un amministratore esterno, visto che tutti gli amministratori debbono necessariamente essere soci accomandatari.
Per quanto riguarda, invece, le Società semplici e le Società in nome collettivo, vi sono due filoni giurisprudenziali diametralmente opposti.
Vi è un primo orientamento negativo[1], secondo il quale chi agisce in nome della società deve essere necessariamente illimitatamente responsabile per le obbligazioni assunte dalla società. Infatti sarebbe assurdo pensare che chi non è socio possa prendere decisioni in grado di generare una responsabilità limitata in capo ad altri soggetti (i soci).
D’altro canto, vi è un orientamento positivo[2] strettamente legato all’interpretazione letterale delle norme, secondo cui la nomina di un amministratore estraneo è possibile nella S.n.c. in ogni caso (poiché in questa ipotesi tutti i soci sono in ogni caso illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali) e nella società semplice, a condizione che almeno uno dei soci resti estraneo al patto di limitazione della responsabilità.
Tale ultimo orientamento è stato condiviso dal Consiglio notarile di Firenze che, nella Massima 78/2022, ha precisato che “[…] appare legittima, nelle società semplici, la nomina ad amministratore di un soggetto estraneo alla compagine sociale”.
Si legge nella massima che “Nelle società in nome collettivo, al contrario, in mancanza di dettati normativi espressamente contrari, si ritiene di condividere la tesi dell'ammissibilità dell'amministratore estraneo, in quanto la responsabilità solidale e illimitata di ciascun socio verso i terzi è in ogni caso normativamente garantita (art. 2291, 2° comma c.c.).
Nelle società semplici, in mancanza di dettati normativi espressamente contrari, si ritiene ammissibile ricorrere alla figura dell'amministratore non socio, ma, dovendo altresì tutelare i terzi che entrano in contatto con la società, tale nomina è possibile solo purché non siano previsti patti di esclusione o di limitazione della responsabilità di tutti i soci.”
Senza questa ultima specifica, secondo il Consiglio di Firenze, si potrebbe configurare una società nella quale tutti i soci godrebbero della esclusione o della limitazione della responsabilità e ciò sarebbe in aperto contrasto con la lettera e con lo spirito della Legge.
[1] Cassazione (25 gennaio 1968 n. 218) - Tribunali di Milano (22 dicembre 1983), di Alessandria (25 marzo 1999), di Foggia (29 febbraio 2000), di Catania (19 dicembre 2003), di Cagliari (11 novembre 2005) e di Udine (29 aprile 2018).
[2] Corte d’appello di Bari (1° febbraio 1960) - Tribunali di Torino (8 ottobre 1984) e di Roma (25 agosto 2021, n. 4971).