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La Corte di Cassazione si è recentemente espressa in merito alla possibilità di ritrattare il ravvedimento operoso effettuato a causa di un ritardo nel pagamento delle imposte.
Con l’Ordinanza n. 11993 del 5 maggio 2023, i Giudici di legittimità si sono pronunciati in merito alla richiesta di rimborso di pagamenti effettuati dal contribuente in forza di un ravvedimento operoso ex art. 13, del D.Lgs. 472/1997.
La vicenda riguardava un contribuente che, a seguito del ravvedimento avente ad oggetto il ritardato pagamento di imposte, si rendeva conto che il ritardo nel versamento fosse giustificato da un mancato incasso di somme da parte di una Pubblica Amministrazione.
Lo stesso, dunque, inoltrava istanza di rimborso di soprattasse e interessi, ritenendo di essere di fronte ad un comportamento non punibile in quanto incolpevole.
I Giudici di legittimità hanno negato la possibilità di chiedere il rimborso delle somme versate per le sanzioni in relazione al ravvedimento operato dal contribuente ed hanno affermato il seguente principio:
“La scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all'art. 13, D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà - rispetto alla quale risulta irrilevante che l'atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza - per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante. Ai fini dell'istanza di rimborso delle somme così versate, risulta irrilevante la natura, formale o sostanziale, della violazione per la quale si presta il "ravvedimento" stesso, né la stessa può essere ancorata alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risultando ciò palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento in parola, che consiste in una libera scelta del contribuente con la quale - ricorrendo le condizioni di legge - si provvede a soddisfare la pretesa tributaria senza porla in discussione, beneficiando peraltro di un trattamento sanzionatorio ridotto, risultando quindi esclusivamente rilevante l'errore determinante ai sensi dell'art. 1428, C.C., in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso. Volta che il contribuente abbia dunque optato per il ravvedimento operoso, le sanzioni così corrisposte dipendono da una scelta di natura negoziale e consapevole, che giustifica appunto il rimborso solo ove lo stesso, nel formularla, sia caduto in un errore qualificato a mente della disciplina generale contenuta nel Codice Civile”.
Pertanto, la scelta del ravvedimento operoso costituisce una dichiarazione di volontà per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante.
Nel caso in esame, l’inadempienza della P.A. nei confronti della contribuente, a prescindere dalla sua rilevanza come causa di non punibilità, presuppone pur sempre la possibilità di porre in discussione il ravvedimento operoso.