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Con la recente Risoluzione n. 363/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la sola attività di affettatura e confezionamento di salumi, essendo un’operazione a valle della produzione, non può beneficiare dell’aliquota IVA ridotta.
Il terzo comma dell’art. 16, D.P.R. n. 633/1972, stabilisce che: “Per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti d'opera, di appalto e simili che hanno per oggetto la produzione di beni e per quelle dipendenti da contratti di locazione finanziaria, di noleggio e simili, l'imposta si applica con la stessa aliquota che sarebbe applicabile in caso di cessione dei beni prodotti, dati con contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili.”
La ratio della disposizione è di evitare l'applicazione di aliquote diverse a seconda che un bene sia acquisito a seguito di un contratto d'opera, d'appalto o simili, ovvero di compravendita. Per tale ragione, pertanto, alla realizzazione del bene su commessa si applica la medesima aliquota che si sarebbe resa applicabile nell'ipotesi di acquisizione del bene sul mercato (cfr. Risoluzione n. 33/E del 31 gennaio 2002).
Con la Circolare n. 43/503912 del 6 dicembre 1975, il Ministero delle Finanze ha chiarito che nel concetto di "produzione" rientrano: “tutte le lavorazioni dei beni, compresi il montaggio, l'assiemaggio e l'adattamento ad altri beni, le trasformazioni e le modificazioni, con esclusione soltanto delle operazioni di riparazione per le quali in nessun caso si verificano i presupposti voluti dalla Legge.”
Nel settore agricolo ed agroalimentare, il suddetto principio trova diverse applicazioni, specialmente per quanto attiene l’essiccazione dei prodotti vegetali.
Con precedenti documenti di prassi, l’Amministrazione Finanziaria aveva già fornito diversi chiarimenti circa l’applicazione della disposizione in commento:
Nel caso esaminato nell’ambito della Risoluzione n 363/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha invece ritenuto che l’affettamento e il confezionamento dei salumi rappresenti un’operazione successiva alla fase produttiva, anche se certamente utile alla commercializzazione del prodotto. Per tale ragione tali operazioni devono essere assoggettate all’aliquota IVA ordinaria.
L’Agenzia delle Entrate è rimasta coerente con i propri precedenti orientamenti in materia di:
Circa, invece, la forma dei contratti di fornitura, si ricorda che è già stato chiarito che gli stessi hanno forma libera e, pertanto, possono essere conclusi anche oralmente. Il chiarimento su tale aspetto è pervenuto a seguito della contestazione dell’applicazione dell’IVA al 4% al servizio di essiccazione dei cereali ad un’impresa del ferrarese, la quale, oltre a presentare ricorso presso la Commissione Tributaria competente, tramite l’intervento della propria associazione di categoria, chiedeva un chiarimento all’Agenzia delle Entrate circa la necessità di dover redigere dei contratti scritti per l’applicazione dell’art. 16, D.P.R. n. 633/1972.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Grandi Contribuenti, con la Consulenza Giuridica n. 954-51/2017, ha riconosciuto che la norma fiscale si limita a richiamare i contratti per i quali trova applicazione l’art. 16, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, ma non ne richiede una forma particolare. La presenza di contratti in forma orale non inficia la validità del contratto. La forma scritta è infatti richiesta, a pena di nullità, nelle ipotesi indicate dall’art. 1350, Codice Civile.
La forma scritta può agevolare l’attività di controllo, rendendo maggiormente evidente la legittimità dell’aliquota IVA applicabile, ma non rappresenta una condizione necessaria.
A distanza di alcuni anni, la CTR dell’Emilia-Romagna, con una sentenza del marzo 2021, ha sostanzialmente riconosciuto l’applicazione dell’IVA al 4% anche all’impresa commerciale che non disponeva di contratti scritti per lo svolgimento del servizio di essiccazione del mais.