La Legge n. 197/2022, c.d. Legge di Bilancio 2023, ha riproposto l’assegnazione e la cessione agevolata dei beni d’impresa ai soci. Inoltre, a favore delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni agevolabili (le c.d. immobiliari di gestione) è prevista la trasformazione agevolata in società semplice.
Le società di persone e di capitali possono assegnare o cedere ai soci, previo versamento di un’imposta sostitutiva:
- gli immobili diversi da quelli strumentali per destinazione;
- i beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali.
L’assegnazione o la cessione agevolata può essere effettuata entro il 30 settembre 2023, a condizione che, alla stessa data, tutti i soci risultino iscritti nel libro dei soci, ovvero che vi siano iscritti entro il 30 gennaio 2023 in forza di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2022.
L’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP è fissata nella misura dell’8% (10,50% qualora la società risulti non operativa in almeno due dei tre periodi d’imposta precedenti l’assegnazione o la cessione dei beni d’impresa, oppure la trasformazione in società semplice).
Tale imposta deve essere calcolata sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, dei beni posseduti all’atto della trasformazione, ed il costo fiscalmente riconosciuto.
Ai fini IVA non è prevista alcuna agevolazione e, pertanto, le operazioni in esame devono essere assoggettate al tributo (la base imponibile è determinata in base ai criteri generali, ossia sulla base del valore di costo di cui all’art. 13, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 633/1972).
In relazione alle assegnazioni e alle cessioni soggette all’imposta di registro è, invece, prevista la riduzione del 50% delle relative aliquote e l’applicazione delle imposte ipocatastali in misura fissa.
Le riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci, come pure quelle delle società che si trasformano, devono essere assoggettate ad un’imposta sostitutiva del 13%.
Relativamente agli immobili, è possibile richiedere che il valore normale sia determinato su base catastale, ossia applicando alla rendita catastale rivalutata i moltiplicatori in materia di imposta di registro di cui all’art. 52, D.P.R. n. 131/1986.
In caso di cessione, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva dovuta, il corrispettivo, se inferiore al valore normale del bene determinato ai sensi dell’art. 9, TUIR, o al valore catastale, deve essere computato in misura non inferiore a uno dei due valori.
Cumulo delle agevolazioni
Recentemente, il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato lo Studio n. 46-2023/T nel quale ha preso in esame la disciplina delle assegnazioni agevolate effettuate ai sensi della Legge n. 197/2022.
Lo Studio, in relazione al comparto delle imposte indirette, ribadisce che la nuova norma prevede testualmente che: “per le assegnazioni le aliquote dell’imposta di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà”, rispettando comunque l’ammontare minimo di euro 1.000. Le aliquote applicabili risulteranno essere, pertanto, pari esattamente al 50% di quelle che si applicano in via ordinaria.
Su questo aspetto viene evidenziato che l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 26/E/2016, § 8.1, mediante la previsione dell’1% per le agevolazioni prima casa avrebbe consentito la possibilità di cumulare le due agevolazioni.
Il cumulo delle agevolazioni dovrebbe pertanto essere possibile anche con riferimento all’agevolazione in materia di PPC (art. 2, comma 4-bis, D.L. n. 194/2009), consentendo una riduzione anche dell’imposta catastale in misura fissa anziché proporzionale.
Tale interpretazione risulta peraltro confermata da una sentenza della Commissione Tributaria di Pesaro (Sentenza n. 95 del 17 agosto 2022).
I Giudici marchigiani hanno affrontato il caso di un’assegnazione agevolata effettuata ai sensi di una norma previgente, ossia l’art. 1, commi da 115 a 119, Legge n. 208/2015. Nel caso di specie, sussistendo i requisiti per procedere alla cessione agevolata prevista dall’allora Legge di Bilancio, una società aveva provveduto a vendere dei terreni a due suoi soci i quali, a loro volta, avevano i requisiti per l’applicazione delle agevolazioni PPC. Per tali ragioni la cessione dei terreni era stata assoggettata all’imposta di registro, a quella ipotecaria ed a quella catastale in misura fissa.
In pratica erano stati cumulati i benefici delle due disposizioni agevolative:
- ai fini della PPC, si applica l’imposta di registro e quella ipotecaria in misura fissa, ma è dovuta l’imposta catastale nella misura dell’1%;
- ai fini della disciplina delle cessioni/assegnazioni agevolate, le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa, mentre l’imposta di registro si riduce al 50%.
Secondo quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 26/E/2016, è preclusa la possibilità di cumulare le due agevolazioni. Infatti al paragrafo 8.1, in relazione alle assegnazioni aventi ad oggetto dei terreni agricoli, viene precisato che: “Resta ferma la possibilità, per il socio, di usufruire delle agevolazioni previste per il settore agricolo ricorrendone i presupposti. Si rammenta, ad esempio, che, nel caso in cui il socio sia Coltivatore Diretto o Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) iscritto nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, potrà usufruire, ricorrendone i presupposti, delle agevolazioni previste per la Piccola Proprietà Contadina dall’articolo 2, comma 4-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa di 200 euro ed imposta catastale nella misura dell’1%).”
La CTP pesarese ha invece evidenziato come la norma non preveda alcuna preclusione circa la possibilità di cumulo tra le due agevolazioni. Dando per assodato il principio di “stretta” interpretazione delle norme agevolative, che non consente interpretazioni analogiche o estensive, la CTP di Pesaro ha però indicato che non si deve trarre la conseguenza di un ulteriore divieto generale di “cumulo” di due distinti benefici fiscali, in presenza delle condizioni per poter godere di entrambi ed in assenza di un'espressa disposizione di legge che lo vieti.
I Giudici hanno quindi eccepito come l’Agenzia delle Entrate non abbia rilevato nei contribuenti alcuna carenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per godere delle distinte agevolazioni.
Sulla possibilità di cumulare le due disposizioni agevolative emerge, quindi, una divergenza di vedute tra l’Amministrazione Finanziaria e la giustizia amministrativa.
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