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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 399/2023, ha confermato l’orientamento della giurisprudenza interna ed unionale, oltre che della prassi, in materia di cessione d’azienda.
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Risposta ad Interpello n. 399 del 27 luglio 2023, in tema di trattamento ai fini IVA dell'operazione costituita da cessione di beni, cessione di brevetti e impegno a continuare la produzione effettuata nei confronti di società di un gruppo automobilistico.
Per quanto riguarda il trattamento ai fini IVA della cessione di azienda si ricorda che l'art. 2, comma 3, lettera b), del D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA), stabilisce che non sono considerate cessioni di beni:le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda.
Nel caso oggetto di istanza di interpello, il soggetto istante è una società multinazionale (Alfa), leader nell’elettronica per il settore automotive, la quale ha sottoscritto un accordo con Beta, produttore mondiale sempre nel settore automotive.
L’accordo prevede, da parte di Beta a favore di Alfa:
Per quanto riguarda il trasferimento di beni immateriali (sub punto 2 sopra), i cessionari individuati sono due diversi soggetti, di cui uno estraneo al Gruppo Beta, a cui tali beni verranno trasferiti, quindi, a titolo di comproprietà.
Il contribuente formula due quesiti, di cui il primo è quello di nostro interesse: l’istante chiede conferma all’Ufficio che “le pattuizioni dell’Accordo non sottintendano, neanche in parte, una cessione di ramo di azienda da parte di Alfa in favore di Delta o di una società del Gruppo Beta, ma rappresentino piuttosto delle cessioni di singoli assets a titolo oneroso”.
Ciò in quanto, secondo le argomentazioni del contribuente, il complesso di beni trasferiti per effetto dell'Accordo non è dotato della “potenzialità produttiva” che connota, in linea con il costante orientamento della Corte di Cassazione (cfr., da ultimo, Sentenza Cass. n. 11678/2022), un ramo di azienda.
Nel caso di specie, infatti, non è previsto il trasferimento dello stabilimento produttivo di Alfa (o di una sua porzione) con i relativi impianti e macchinari, né di una parte dei dipendenti di Alfa, né degli accordi e dei rapporti di vario tipo con i soggetti terzi presso cui è esternalizzata parte della produzione, né dei contratti di acquisto per la fornitura delle materie prime e di tutto quanto necessario alla realizzazione dei prodotti Alfa, né dei contratti di vendita dei prodotti in favore di terzi.
Nel caso di specie peraltro il trasferimento dei beni a magazzino (inventories) ed i beni immateriali (work results) non avrebbe in ogni caso il connotato della potenzialità produttiva del complesso trasferito, in quanto tali beni non avrebbero alcuna utilità e non sarebbero astrattamente inutilizzabili in un nuovo processo produttivo. Ciò alla luce del fatto che tali beni sono destinati ad un sito di smaltimento di prodotti industriali speciali, ove verranno rottamati a cura di Beta.
L’istante ritiene, dunque, che - per effetto del citato accordo - non sia stato trasferito un insieme di beni dotato di potenzialità produttiva e suscettibile di consentire l'inizio o la prosecuzione di un’attività di impresa.
L'Agenzia delle Entrate ha confermato la soluzione proposta dal contribuente, escludendo quindi - nel caso di specie ed in base alla situazione prospettata - l'esistenza di un trasferimento di un ramo d'azienda, in considerazione del riconoscimento dell'inidoneità dei beni trasferiti a consentire la prosecuzione o lo svolgimento di un'attività produttiva.
Per giungere a tale conclusione, l’Ufficio ha verificato se fossero riscontrabili gli elementi di organizzazione e di potenzialità produttiva del complesso trasferito che, nei termini anzidetti, contraddistinguono un'azienda o un ramo di azienda.
La risposta richiama la nozione di azienda rilevante, coincidente con quella prevista dalla disciplina civilistica: l’articolo 2555 del Codice Civile qualifica l’azienda come “il complesso dei beni organizzato dell'imprenditore per l'esercizio dell'impresa”.
Secondo la prassi, richiamata anche nel parere dell’Agenzia, la cessione deve riguardare l’azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa e non i singoli beni che compongono l'azienda stessa (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 320/1997).
La giurisprudenza unionale ha affermato che “il trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, deve essere interpretata nel senso che in essa rientra il trasferimento di un'azienda o di una parte autonoma di un'impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un'impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un'attività economica autonoma, ma non vi rientra la mera cessione di beni quale la vendita di uno stock di prodotti” (CGUE Sentenza 27 novembre 2003, “Zita Models” C-497/01).
In merito alla distinzione tra cessione di azienda e cessione di un complesso di beni, i Giudici comunitari ritengono che occorra effettuare una valutazione globale delle circostanze di fatto che caratterizzano l'operazione di cui trattasi ed, in tal senso, deve essere accordata particolare importanza alla natura dell'attività economica che si intende proseguire (cfr. CGUE Sentenza 10 novembre 2011, C444/10).
Anche la giurisprudenza di legittimità, nell’evidenziare che l’azienda è un complesso di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, individua nell'organizzazione di tale complesso la sua connotazione essenziale (cfr. Cass. SS.UU. 5 marzo 2014, n. 5087). Nell’ambito della cessione d’azienda, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che si deve trattare di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d'impresa di per sé idoneo a consentire l'inizio o la prosecuzione di quella determinata attività.
È dunque necessario che nel complesso dei beni ceduti permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario. A questo proposito, si vedano le sentenze della Cassazione n. 9575/2016, n. 21481/2009, n. 1913/2007.
Nel caso di specie, l’Ufficio ha escluso l’esistenza di un trasferimento di ramo d’azienda alla luce delle seguenti argomentazioni: