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Come noto, i commi da 58 a 62 dell’art. 1, Legge n. 197/2022, c.d. Legge di Bilancio 2023, hanno introdotto una nuova tassazione sostitutiva delle somme elargite dai clienti a titolo di liberalità (c.d. mance), corrisposte sia in contanti sia attraverso mezzi di pagamento elettronici, a favore dei lavoratori dipendenti impiegati nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 5, Legge n. 287/1991 (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie, bar, caffè, gelaterie, pasticcerie, sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari, ecc.).
Il nuovo regime di tassazione è applicabile alle mance percepite dai lavoratori del settore privato, impiegati nelle strutture sopra indicate, che risultino titolari di reddito di lavoro dipendente e che non abbiano rinunciato per iscritto alla facoltà di optare per la tassazione sostitutiva.
Ai fini della tassazione sostitutiva, nel periodo d’imposta precedente, il lavoratore deve aver conseguito un reddito di lavoro dipendente non superiore alla soglia di 50.000 euro (nel computo della soglia reddituale devono essere considerati tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore, compresi quelli derivanti da attività lavorative diverse da quella svolta nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, nonché le somme assoggettate, nel precedente periodo d’imposta, alla tassazione sostitutiva delle mance).
Il superamento del limite reddituale di 50.000 euro di redditi di lavoro dipendente non rileva nell’anno di percezione delle mance, ma costituisce una causa ostativa alla tassazione agevolata delle mance conseguite nell’anno successivo.
Tale tassazione sostitutiva è il regime naturale di tassazione delle mance e, pertanto, l’applicazione dell’ordinario regime di tassazione è ammessa solo in caso di rinuncia scritta del lavoratore.
L’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali è fissata in misura pari al 5% delle mance ricevute, entro il limite del 25% dell’ammontare del reddito percepito nell’anno di riferimento.
La base di calcolo cui applicare il limite del 25% è costituita dalla somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, ivi comprese le mance, anche se derivanti da rapporti di lavoro intercorsi con datori di lavoro diversi.
Il limite annuale del 25% del reddito percepito nell’anno rappresenta una franchigia e, di conseguenza, in caso di superamento dello stesso, solo la parte eccedente il limite deve essere assoggettata a tassazione ordinaria.
Le liberalità in esame, assoggettate a imposta sostitutiva, sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi previdenziali e dei premi INAIL, e non devono essere computate ai fini del calcolo del Trattamento di Fine Rapporto.
Le medesime somme, tuttavia, rilevano in tutte le ipotesi in cui le vigenti disposizioni, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione, in favore del lavoratore, di deduzioni, detrazioni o benefìci a qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, facciano riferimento al possesso di requisiti reddituali.
L’imposta sostitutiva in esame è applicata dal sostituto d’imposta, ossia il datore di lavoro, che deve versarla utilizzando i codici tributo indicati dalla Risoluzione n. 16/E/2023 dell’Agenzia delle Entrate.
Con Circolare n. 26/E del 29 agosto 2023, l’Agenzia delle Entrate ha reso le attese indicazioni circa l’ambito soggettivo ed oggettivo della nuova tassazione sostitutiva, fornendo altresì chiarimenti circa gli adempimenti posti in capo ai datori di lavoro e ai lavoratori.
Nell’ambito della Circolare n. 26/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le somme incassate dalle strutture ricettive e dagli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che costituiscono mance destinate al personale dipendente, rappresentano mere movimentazioni finanziarie che non incrementano i ricavi e il volume di affari del datore di lavoro.
Pertanto, tali dazioni di denaro, oltre a rappresentare transazioni irrilevanti agli effetti delle imposte sui redditi e dell’IRAP, sono fuori dal campo applicazione dell’IVA e, in particolare, rientrano tra le cessioni di denaro di cui all’art. 2, comma 3, lett. a), D.P.R. n. 633/1972, che non influiscono sul volume di affari IVA dell’esercizio che le riceve dal cliente.
A tal fine, è tuttavia necessario che il datore di lavoro provveda al riversamento delle mance al proprio personale dipendente. È quindi opportuno che il datore di lavoro adotti procedure contabili e finanziarie atte ad assicurare la rendicontazione separata delle somme corrisposte a titolo di mance, al fine di evitare contestazioni in caso di controlli fiscali.
L’applicazione del regime di irrilevanza IVA richiede dunque che l’importo delle mance percepite dall’esercizio, oggetto di separata contabilizzazione, corrisponda all’ammontare che sarà riversato ai lavoratori dipendenti.