Negli ambiti della fiscalità e dei diritti reali di godimento, il diritto di superficie, da qualche tempo, sta creando un notevole interesse, con implicazioni rilevanti anche per il settore agricolo, specie qualora il concedente non operi nel contesto di un’attività d’impresa.
Il diritto di superficie, in particolare, viene spesso utilizzato nel settore fotovoltaico, al fine di attribuire agli investitori la possibilità di costruire impianti solari su terreni agricoli o sul lastrico solare di fabbricati, ma potrebbe anche essere utile per chi volesse installare delle pale eoliche o degli impianti a biogas.
L'art. 9, comma 5, TUIR, stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche agli atti a titolo oneroso che comportano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento. Di conseguenza, la costituzione del diritto di superficie viene equiparata alla cessione a titolo oneroso del diritto di proprietà.
Per quanto riguarda i soggetti non imprenditori, l'Agenzia delle Entrate (con Circolare n. 36/E/2013) ha chiarito che il compenso ottenuto dalla cessione del diritto di superficie è classificabile nella categoria di reddito indicata nell'art. 67, comma 1, lett. b), TUIR. Questa categoria include le plusvalenze realizzate tramite la cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, o mediante cessione a titolo oneroso di terreni edificabili, indipendentemente dal periodo di possesso. Tuttavia, questa considerazione è valida solo se il diritto di superficie è stato precedentemente acquisito a titolo oneroso.
L'equiparazione tra cessioni a titolo oneroso e atti che costituiscono o trasferiscono diritti reali di godimento, prevista dall'art. 9, comma 5, TUIR, secondo quanto espresso nella Circolare n. 36/E/2013, è valida solo quando si confrontano valori omogenei. In questo caso, la plusvalenza è determinata dalla differenza tra il compenso ricevuto nel periodo di imposta e il costo di acquisto o di costruzione del bene ceduto, incrementato da ogni altro costo associato al bene stesso (art. 68, TUIR).
Se tra la cessione e l'acquisto (a titolo oneroso) del diritto di superficie sono trascorsi più di cinque anni, la plusvalenza ottenuta non è soggetta a tassazione.
Tuttavia, in base a quanto indicato nella Circolare n. 36/E/2013, le predette considerazioni non valgono qualora il diritto reale di godimento sia concesso in mancanza di un precedente acquisto dello stesso a titolo oneroso. Secondo l'Agenzia delle Entrate, in tale ipotesi, non è corretto scomputare dai compensi percepiti il costo sostenuto per l’acquisto della piena proprietà dell’immobile, in quanto, così facendo, si confronterebbero due valori non omogenei, ovvero:
- il corrispettivo percepito per la concessione di un diritto reale di godimento;
- il costo sostenuto per l’acquisto della piena proprietà.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate considera(va) i compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie acquisito a titolo originario (senza, vale a dire, aver sostenuto un costo oggettivamente determinabile e direttamente riferibile al diritto ceduto), gli stessi debbano essere inclusi nella fattispecie recata dall’art. 67, comma 1, lett. l), TUIR, ossia tra i redditi diversi derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. Quindi, la relativa plusvalenza andrà determinata ai sensi dell’art. 71, comma 2, TUIR, sottraendo all’ammontare percepito nel periodo d’imposta le sole spese specificamente inerenti alla sua produzione.
Il nuovo orientamento
Secondo la dottrina predominante, il compenso ottenuto dalla cessione del diritto di superficie da parte di soggetti non imprenditori rientra nella categoria di reddito indicata nell'art. 67, comma 1, lett. b), TUIR, a condizione che la cessione soddisfi i requisiti previsti da questa norma.
La giurisprudenza di legittimità, come dimostrato dalla Sentenza n. 15333/2014 della Corte di Cassazione[1], ha ribaltato l'orientamento dell'Agenzia delle Entrate, stabilendo che la cessione del diritto di superficie su un terreno genera una plusvalenza che rientra nell'art. 67, comma 1, lett. a) e b), TUIR, e non nell'art. 67, comma 1, lett. l), TUIR, poiché quest'ultima norma riguarda i diritti personali, non i diritti reali, tra cui rientra il diritto di superficie.
In risposta a un'Interrogazione parlamentare del 15 settembre 2016, l'Agenzia delle Entrate ha riconosciuto il contrasto tra la sua interpretazione e la giurisprudenza, annunciando ulteriori approfondimenti sulla questione.
Con la successiva Circolare n. 6/E/2018, anche l’Agenzia delle Entrate si è allineata all’interpretazione della Cassazione, precisando che alla costituzione ed alla cessione di diritti reali di superficie deve essere comunque applicata la normativa prevista per le cessioni a titolo oneroso e, in particolare, quella contenuta negli artt. 67, comma 1, lett. b) e 68, TUIR.
La circolare conclude precisando che: “Nel caso in cui il diritto reale di superficie sia concesso senza un precedente acquisto a titolo oneroso, la plusvalenza sarà determinata individuando il “prezzo di acquisto” originario del diritto secondo un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo o dell’area fabbricabile e il corrispettivo percepito per la costituzione del diritto di superficie, da applicare al costo originario di acquisto del terreno (cfr. Risoluzione 10 ottobre 2008, n. 379/E)”.
Le cessioni di diritto di superficie possono anche comportare implicazioni per le imposte indirette. Ad esempio, se un'azienda agricola concede un diritto di superficie su un terreno acquisito con l'agevolazione della Piccola Proprietà Contadina e non sono trascorsi cinque anni dall'acquisto, si verifica la decadenza dall'agevolazione, e l'azienda è tenuta a versare l'imposta di registro proporzionale del 9%.
In conclusione, il diritto di superficie solleva questioni fiscali complesse e in evoluzione, con implicazioni significative per le aziende agricole e per coloro che operano nel settore delle energie rinnovabili. La corretta interpretazione delle normative e delle sentenze giuridiche è essenziale per evitare sorprese fiscali e per gestire al meglio le opportunità offerte da questo settore in crescita.
[1] Orientamento confermato dalla Sentenza del 18 ottobre 2018, n. 26147 e dalle successive n. 2417/2021, n. 6040/2022, n. 24406/2022.
©RIPRODUZIONE RISERVATA