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L’articolo 23 del Disegno di Legge di Bilancio per il 2024 prevede, tra l’altro, la modifica del Testo Unico delle Imposte sui Redditi in relazione alla classificazione, tra i redditi diversi, della costituzione di diritti reali di godimento in favore di terzi.
Tra questi ultimi, lo ricordiamo, è compresa la costituzione del diritto di superficie, ovvero una pratica ormai molto comune nel settore energetico, con cui il proprietario dell’immobile concede a terzi il diritto di costruire un impianto sul lastrico solare di un immobile esistente o sul suolo.
Gli investimenti promossi dal PNRR, ulteriormente stimolati dal crescente costo dell’energia, hanno determinato un grande interesse per la realizzazione di impianti fotovoltaici, eolici e per lo sfruttamento delle biomasse. In molti casi la realizzazione di impianti di notevoli dimensioni ha visto l’entrata in campo di operatori del settore energetico che propongono ai proprietari degli immobili di realizzare tali impianti previa costituzione di un diritto di superficie temporaneo sulle aree interessate.
Ai fini fiscali, il corretto inquadramento del diritto di superficie è fondamentale al fine di comprendere la tassazione a carico del concedente, nonché per valutare eventuali operazioni per mitigare tali oneri.
L'art. 9, comma 5, TUIR, stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche agli atti a titolo oneroso che comportano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento. Di conseguenza, la costituzione del diritto di superficie o dell’usufrutto viene equiparata alla cessione a titolo oneroso del diritto di proprietà.
Nel caso in cui l’operazione sia posta in essere da un soggetto che non opera in regime d’impresa, l’inquadramento dei redditi derivanti dalla costituzione del diritto di superficie vede un orientamento consolidato della dottrina tendente a farlo rientrare tra i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere a) e b) del TUIR.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n.36/E/2013, aveva assunto un diverso orientamento, distinguendone l’inquadramento sulla base delle modalità di acquisizione del diritto reale di superficie, stabilendo che:
Successivamente, con la Circolare 6/E/2018, l’Agenzia delle Entrate aveva rivisto il proprio orientamento a seguito di alcune sentenze della Giurisprudenza. Infatti, la Cassazione, Sentenza n. 15333/2014[1], ribaltando l'orientamento dell'Agenzia delle Entrate, aveva stabilito che la cessione del diritto di superficie su un terreno genera una plusvalenza che rientra nell'art. 67, comma 1, lett. a) e b), TUIR, e non nell'art. 67, comma 1, lett. l), TUIR, poiché quest'ultima norma riguarda i diritti personali, non i diritti reali, tra cui rientra il diritto di superficie.
Dal 2018 anche l’Amministrazione Finanziaria ha quindi ritenuto che alla costituzione ed alla cessione di diritti reali di superficie debba essere comunque applicata la normativa prevista per le cessioni a titolo oneroso e, in particolare per quanto concerne i terreni agricoli, quella contenuta negli artt. 67, comma 1, lett. b) e 68, TUIR.
Sulla concessione temporanea del diritto di usufrutto, nella recente Risposta ad Interpello n. 381/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fatto un ulteriore distinguo nell’ambito dei redditi derivanti dalla costituzione o cessione dei diritti reali, sostenendo che:
Tale presa di posizione dell’Amministrazione, criticata dalla dottrina, inquadrando la costituzione del diritto di usufrutto alla lettera h), determina una tassazione a prescindere dal fatto che il concedente disponga dell’immobile da almeno 5 anni.
Inoltre, cambia la modalità con cui si determina il reddito tassabile:
La differenza circa l’inquadramento di tali redditi, seppur permanendo nell’ambito dei redditi diversi, non è di poco conto.
Nel primo caso (art. 67, co. 1, lett. b) non si determina alcuna plusvalenza tassabile quando la cessione del diritto reale avviene oltre 5 anni dall’acquisto del fondo agricolo, inoltre, al fine di ridurre l’eventuale plusvalenza, è stata disposta la possibilità di rivalutare il valore di acquisto del terreno ai sensi dell’art. 7 della Legge 448/2001 attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva. Infine, l’eventuale plusvalenza può essere tassata optando per l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, con aliquota pari al 26%.
Nel caso delle plusvalenze riconducibili alla lettera h), il reddito concorre a formare l’imponibile fiscale ed è tassato applicando le aliquote IRPEF progressive in base al reddito prodotto.
L’articolo 23 del Disegno di Legge di Bilancio sembra voler riprendere i pregressi orientamenti dell’Amministrazione Finanziaria e prevedere, dal 1° gennaio 2024, una generale tassazione di questa tipologia di redditi.
Nel testo proposto si interviene sull’art. 9, comma 5 del TUIR, prevedendo ai fini delle imposte sui redditi, “laddove non sia previsto diversamente” le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società.
Viene poi modificata la lettera h) dell’articolo 67, aggiungendo a questa categoria di redditi anche “quelli derivanti dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento”.
Questa disposizione stride con i principi per i quali il Legislatore aveva inteso distinguere i redditi immobiliari aventi intenti speculativi. Inoltre, applica una diversa tassazione all’ipotesi di cessione dell’immobile rispetto alla costituzione del diritto di superficie (o di usufrutto). Oltretutto, se questa è la strada che si vuole intraprendere, riteniamo sia opportuna una valutazione dell’opportunità di rivedere il calcolo della base imponibile, affinché possa in qualche modo tener conto anche dei valori che i proprietari dei terreni hanno inteso rivalutare a partire dal 2002, proprio al fine di ridurre il carico fiscale all’atto della loro cessione, anche parziale, tramite la costituzione del diritto di superficie.
[1] Orientamento confermato dalla Sentenza del 18 ottobre 2018, n. 26147 e dalle successive n. 2417/2021, n. 6040/2022, n. 24406/2022.
[2] Art. 67, co. 1, lette h) del TUIR: I redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili, dall'affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili, dall'affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende; l'affitto e la concessione in usufrutto dell'unica azienda da parte dell'imprenditore non si considerano fatti nell'esercizio dell'impresa, ma in caso di successiva vendita totale o parziale le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi.