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Come noto, la Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) ha introdotto una nuova possibilità per gli operatori agricoli, che è quella di poter svolgere attività di somministrazione non assistita di prodotti agricoli anche mediante strutture mobili nella disponibilità dell’azienda. Si tratta del cosiddetto “street food agricolo”.
Sul tema della vendita diretta, a febbraio, sono arrivati importanti chiarimenti del Ministero, il quale ha fornito alcune precisazioni, con due diverse risoluzioni, su alcuni profili come quelli relativi alle modalità di somministrazione non assistita (posate e stoviglie riutilizzabili) e alla location in cui possono essere svolte tali attività, con riferimento anche ad eventuali autorizzazioni e comunicazioni da presentare.
In relazione allo street food agricolo, qualche giorno fa si è espressa nuovamente anche l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), dando il suo contributo alla causa con la nota di indirizzo del 5 marzo 2018.
Le prime precisazioni fornite dall’Associazione riguardano tempi e luoghi in cui è possibile svolgere le attività di somministrazione non assistita di prodotti agricoli in strutture mobili. Per quanto riguarda il profilo territoriale, l’ANCI afferma che lo street food può essere svolto su tutto il territorio nazionale, a prescindere dall’ubicazione dell’azienda. Nessun limite si rinviene nemmeno secondo il profilo temporale, in quanto l’attività in esame può essere svolta durante tutto l’anno.
Con riferimento alle strutture utilizzabili, l’ANCI afferma che l’imprenditore agricolo potrà utilizzare qualunque bene mobile, anche registrato, purché idoneo dal punto di vista igienico-sanitario alla vendita ed alla somministrazione non assistita di prodotti agricoli e agroalimentari. Tali beni mobili devono essere nella materiale disponibilità dell’azienda agricola, ma non è necessario che siano di proprietà dell’imprenditore, il quale dovrà semplicemente esserne in possesso sulla base di un titolo giuridicamente valido ed efficace (comodato, affitto, ecc.).
Tra i temi ancora oggetto di discussione circa la nuova disciplina dello street food agricolo, c’è quello relativo alla possibilità di vendere prodotti cotti.
Sul punto, la nota non lascia spazio ad interpretazione e ha precisato che lo street food può avere ad oggetto esclusivamente prodotti già pronti, escludendo, quindi, ogni forma di cottura nel luogo di vendita. Tale interpretazione prende spunto dallo stesso art. 4 del D. Lgs 228/2001, così come modificato dalla Legge di Bilancio 2018, che, al comma 8-bis, prevede la possibilità di somministrare in maniera non assistita i prodotti oggetto della vendita diretta purché “già pronti per il consumo”.
A nostro parere si tratta di un’interpretazione eccessivamente restrittiva: infatti, se si parla di street food, non si può non immaginare salsicce, hamburger, carne, tutti prodotti che, per essere somministrati, devono necessariamente essere cotti in loco.
Infine, nei chiarimenti dell’ANCI si precisa che lo street food agricolo può essere svolto congiuntamente alla somministrazione non assistita in azienda, con la precisazione che, anche per il cibo di strada, valgono le medesime regole già previste con la risoluzione del MISE n. 59196 del 06/02/2018, in base alla quale: “non può escludersi l’utilizzo di posate di metallo, di bicchieri di vetro, nonché di tovaglioli di stoffa quando questi sono posti a disposizione della clientela con modalità che non implicano un’attività di somministrazione, ossia quando non si tratti di “apparecchiare” la tavola con le modalità proprie della ristorazione, ma solo mettere bicchieri, piatti, posate e tovaglioli puliti a disposizione della clientela per un loro uso autonomo e diretto”.