Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
La Legge di orientamento del 2001 (D. Lgs. 228/2001) ha introdotto nel sistema agricolo italiano un istituto di enorme importanza, ossia quello relativo alla possibilità, da parte dei produttori, di vendere direttamente i propri prodotti ai consumatori, senza dover soggiacere all’intera e complicata disciplina sul commercio.
Come già sottolineato in precedenti occasioni, la Legge di Bilancio 2018 ha operato alcune importanti modifiche in materia di vendita diretta, estendendone la portata ed il campo di applicazione. Questa apertura, unita alla nuova disciplina dell’enoturismo, amplia in maniera significativa le possibilità delle aziende agricole di proporre per il consumo i propri prodotti al consumatore, in azienda, ma non solo.
Infatti, il comma 499 della L. 205/2017 ha modificato il testo dell’art. 4, comma 8-bis, del D. Lgs. 228/2001, estendendo la possibilità di effettuare attività di vendita diretta finalizzata al consumo immediato dei prodotti agricoli anche al di fuori dei locali aziendali. Nei fatti, con tale novella normativa, il legislatore ha attribuito agli agricoltori la possibilità di svolgere attività di street food, cedendo alle istanze in tal senso manifestate dagli operatori.
Va ricordato che, nell’ambito della vendita diretta, sono possibili solo le attività di somministrazione non assistita di cibi e bevande, così come qualificate dalla nota di indirizzo ANCI del 9/9/2013. Sul tema, peraltro, bisogna evidenziare anche il recente chiarimento fornito dal MISE, il quale ha precisato che sono configurabili come somministrazione non assistita, anche quelle attività di somministrazione in cui l’agricoltore mette a disposizione tovaglioli e posate di metallo, quindi non a perdere, purché tale messa a disposizione avvenga con modalità che non implicano un’apparecchiatura con le modalità proprie della ristorazione.
Sulle nuove attività di street food (vendita e degustazione di prodotti agricoli) occorre però ragionare con attenzione, anche al fine di determinare il corretto inquadramento fiscale, sia ai fini IRPEF che per l’IVA.
In linea generale, tali attività devono essere qualificate come cessioni di beni. Pertanto, se i prodotti venduti e consumati rientrano nell’elenco del DM 13 febbraio 2015 e nella tabella A allegata al DPR 633/1972, le relative cessioni devono ritenersi riconducibili nel reddito agrario e rientranti nel regime speciale IVA.
Lo stesso si può affermare per le degustazioni di vini. Attenzione però: se esse avvengono nell’ambito di attività di enoturismo (quindi nell’ambito di visite aziendali, attività didattiche, ecc.), le operazioni dovranno essere qualificate come prestazioni di servizi e seguiranno il regime fiscale dell’agriturismo, che prevede IRPEF al 25% e IVA al 50% dei corrispettivi incassati.
Se i beni oggetto di vendita diretta o consumo immediato, invece, non rientrano nell’elenco ministeriale, occorrerà valutare se essi possono essere assoggettati alla tassazione forfettaria del 15% di cui all’art. 56-bis del TUIR. Ciò sarà possibile nel caso in cui si tratti di una prima trasformazione di prodotti agricoli non ricompresa nel decreto. Si pensi ai prodotti della panificazione diversi dal pane (grissini, piadina) oppure a distillati diversi dalla grappa, ottenuti con procedure tradizionali (e non industriali).
In materia di street food e di consumo immediato di prodotti agricoli, resta poi aperta una importante partita, ossia quella relativa ai prodotti oggetto di cottura. Seguendo i principi dettati da normativa e prassi, infatti, un panino con la salsiccia (cotta) difficilmente può rientrare nel reddito agrario, pur essendo entrambi i prodotti (pane e salsiccia) inseriti nell’elenco del DM 15 febbraio 2015.
Infatti, secondo quanto precisato dall’Agenzia con la circolare 44/E del 2004, un prodotto può considerarsi agricolo solo entro la prima trasformazione. La carne cotta, invece, subisce due fasi di lavorazione: la macellazione (il taglio, la frollatura, eventuali processi di preparazione) e la cottura. In linea di principio, quindi, trattandosi di una seconda trasformazione, tale prodotto resta escluso sia dalla tassazione catastale ex art. 32 del TUIR, che da quella forfettaria di cui all’art. 56-bis, dal cui ambito sono escluse le attività di trasformazione di prodotti agricoli che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i beni dell’elenco ministeriale e che sono volte ad una ulteriore trasformazione dei predetti beni.
Per quanto finora sostenuto, quindi, i prodotti cotti restano ancora al di fuori della disciplina della vendita diretta. Alla luce della chiara volontà del legislatore di favorire il consumo sul posto dei prodotti agricoli, però, tale previsione appare limitante.
La speranza è che, dopo l’importante apertura operata in materia di street food e di consumo immediato di prodotti, il legislatore voglia completare l’opera, fornendo uno strumento potente, completo e senza zone d’ombra per tutti i produttori agricoli.