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Nell’ordinamento italiano, per quanto riguarda la materia dei contratti di appalto e della sicurezza sul lavoro, non esiste una coincidenza assoluta tra proprietario degli immobili e committente che appalta.
Tale asimmetria ha profonde conseguenze anche per quanto riguarda i profili di responsabilità su quanto accade durante il periodo di svolgimento dei lavori. Il predetto principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 34893/2019.
Nell’ambito di un’attività di ristrutturazione dell’impianto elettrico di un immobile era avvenuto un incidente mortale, che aveva visto come protagonista uno dei lavoratori dell’impresa a cui era stato appaltato il lavoro.
Per questa morte, i proprietari dell’immobile e il titolare dell’impresa venivano indagati come responsabili dell’evento e condannati penalmente nei primi due gradi di giudizio: i primi per non aver nominato un coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori, vista la compresenza in cantiere di più imprese; il secondo per non aver redatto il piano operativo di sicurezza, non aver valutato la presenza di alcuni rischi, tra cui quello elettrico (causa del decesso).
La Corte di Cassazione, però, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha parzialmente riformato la decisione, disconoscendo la responsabilità di uno dei due comproprietari, in quanto non direttamente coinvolto nell’esecuzione delle opere.
Il fondamento della sentenza pronunciata dai giudici di legittimità ruota attorno alla definizione di committente contenuta nell’articolo 89 del Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. n. 81/2008).
Secondo il primo orientamento adottato dalla giurisprudenza, come committente era da intendersi “qualsiasi persona fisica o giuridica per conto della quale l’opera viene realizzata”. In forza di tale interpretazione, tale soggetto non poteva che coincidere con il proprietario, il solo a poter trarre vantaggio dai lavori effettuati.
Con la sentenza in commento, in conformità con quanto già affermato con la precedente sentenza n. 10039/2019, la Corte di Cassazione penale ha corretto il tiro, definendo il committente come “colui per conto del quale l’opera viene realizzata” e ciò deve essere interpretato come la persona che ha dato incarico o in nome del quale vengono effettuati i lavori. E ciò indifferentemente dal fatto che sia la persona che si avvantaggia dalla loro realizzazione o che sia stato delegato a tale funzione.
In conclusione, quindi, nella sentenza n. 34893/2019, uno dei due comproprietari veniva escluso da qualsiasi responsabilità in quanto non direttamente committente, né soggetto attivo o coinvolto nell’esecuzione delle opere.