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L’agriturismo spesso, ma in forma errata, viene idealizzato agli “occhi” dei clienti, e forse dei più, quale un’equivalenza di un ristorante.
In realtà, l’attività agrituristica rientra tra le c.d. attività connesse all’attività agricola principale.
L’art. 2135 c.c. prevede che vengano considerate aziende agricole o forestali quelle esercenti un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di animali e attività connesse. In particolare, per coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Sono invece “connesse” le attività di cui al terzo comma dell’art. 2135 c.c., ossia quelle “attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ovvero di ricezione ed ospitalità”.
Affinché l’agriturismo rientri a tutti gli effetti nel settore agricolo, e quindi ai lavoratori assunti venga applicato il CCNL Operai Agricoli e Florovivaisti, sarà necessario che l’attività agricola risulti prevalente rispetto a quella di ricezione e di ospitalità.
Al riguardo, si è espressa anche la Corte di Cassazione (Cass. Sentenza n. 11076/2006, n. 10905/2011 e n. 16685/2015) che, nel richiamare la definizione di attività agrituristica individuandola in quella volta alla ricezione e ospitalità esercitata dagli imprenditori agricoli attraverso l’utilizzazione della propria azienda, ha ribadito che le attività di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di bestiame devono comunque rimanere principali rispetto a quelle ricettive e di ospitalità, che si pongono in rapporto di “connessione e complementarietà” con esse.
Qualora si dovesse riscontrare una notevole consistenza dei redditi ricavati dall’attività di ristorazione, ricezione e ospitalità, oltre alla sproporzione del tempo dedicato all’attività di ristorazione rispetto a quello dedicato all’attività agricola, con prevalenza del primo e utilizzo di prodotti acquistati sul mercato in misura maggiore rispetto a quelli provenienti dall’attività agricola principale, non può legittimamente permanere una classificazione nel settore agricoltura di tali aziende.
In mancanza dei requisiti su indicati, qualora in sede di verifica ispettiva venissero rilevate incongruenze, si darà luogo all’inquadramento nel settore terziario con conseguente revisione dei contratti di lavoro applicati in settore diverso da quello agricolo.
In conclusione, l’attività agrituristica deve quindi essere caratterizzata dall’esistenza di un collegamento organizzativo-funzionale con l’attività agricola principale ed il suo svolgimento deve essere finalizzato all’incremento di redditività dell’azienda agricola, nella logica della promozione e valorizzazione dell’agricoltura (INPS Circ. n. 186/2003).
Andrea Fiumi, consulente del lavoro