Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Dopo tre anni di sperimentazione, da fine giugno cessa la possibilità per i dipendenti privati di richiedere il TFR direttamente in busta paga a fine mese. I risultati del primo triennio, però, sono tutt’altro che soddisfacenti: tale possibilità è stata infatti sfruttata da appena l’1,3% degli aventi diritto.
Ai sensi di quanto previsto dai commi 26-34 della L. 190/2014, a partire dal 1° marzo 2015 tutti i lavoratori dipendenti del settore privato con un’anzianità di servizio di almeno 6 mesi presso lo stesso datore potevano richiedere il pagamento in busta paga della quota integrativa della retribuzione (QUIR) equivalente al trattamento di fine rapporto che matura ogni mese a favore del lavoratore, al netto del contributo dello 0,50%.
Le modalità di accesso alla QUIR erano poi state fatte oggetto di specifici chiarimenti contenuti nella circolare INPS n. 82/2015.
Tale misura era stata introdotta nell’ordinamento italiano come sperimentazione, in vigore dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018.
Al termine del triennio di vigenza, la possibilità di chiedere la propria quota del TFR in busta paga non è stata sfruttata come si poteva.
Si pensi che sono stati circa 217.000 i soggetti che hanno approfittato di tale chance, di fronte ad una platea di oltre 15 milioni di aventi diritto. In termini percentuali si tratta di un 1,3% decisamente poco soddisfacente.
Molte le ragioni di questa debacle: secondo alcuni tale opportunità non è stata pubblicizzata a sufficienza e solo pochi lavoratori la conoscevano; secondo altri, invece, il regime di tassazione era troppo poco favorevole. Infatti, il TFR in busta paga era tassato secondo le aliquote IRPEF ordinarie, anziché con le aliquote più agevolate previste dalla previdenza complementare.
Da luglio 2018 finirà il periodo di sperimentazione e si tornerà alla previgente disciplina contenuta nel D. Lgs. 252/2005.
Per le aziende di piccole dimensioni (meno di 50 addetti) sarà possibile mantenere in azienda le quote di TFR mensilmente maturate per i lavoratori che hanno optato in tal senso. Nelle imprese più grandi, invece, dovranno essere ripristinati i versamenti al Fondo di Tesoreria INPS.
Se il lavoratore, diversamente, aveva o ha optato per la previdenza complementare, i datori dovranno riproporre i trasferimenti delle quote di TFR ai relativi fondi di destinazione nei tempi previsti dagli statuti.