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Più volte, negli ultimi anni, abbiamo evidenziato i rischi relativi all’utilizzo di lavoratori messi a disposizione dell’azienda tramite contratti di appalto, spesso irregolari, sottoscritti con aziende e cooperative al fine di ottenere manodopera a basso costo.
In merito a tali rapporti, già da tempo si stanno intensificando i controlli svolti dagli enti preposti, i quali stanno analizzando con attenzione centinaia di posizioni al fine di reprimere eventuali abusi.
Per orientare l’attività dei controllori, l’INL ha emanato un’apposita circolare (Circ. n. 10/2018 dell'11 luglio 2018) in merito alla corretta gestione di situazioni di appalto non genuino in cui siano riscontrate inadempienze retributive e contributive nei confronti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto stesso.
In base alla disciplina generale contenuta nell’art. 1655 c.c., mediante il contratto di appalto, l’appaltatore assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo economico.
Se l’appalto è irregolare, ossia privo di uno degli elementi essenziali previsti dalla legge, l’intero rapporto si configura come un’interposizione illecita di manodopera.
In base a quanto previsto dall’art. 18, comma 5-bis del D. Lgs. 276/2003, tale situazione può generare due ordini di illeciti: uno amministrativo e, eventualmente, uno penale laddove l’appalto sfrutti lavoratori minorenni.
La sanzione amministrativa prevista dal richiamato art. 18, comma 5-bis, per la illegittima fornitura o somministrazione di lavoratori consiste in una sanzione pecuniaria pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Va evidenziato che tale sanzione è comminata sia all’appaltatore che al committente coinvolti nel rapporto.
Nell’ambito di appalti non genuini, è possibile che si riscontrino anche illeciti sotto il profilo retributivo e/o contributivo.
In caso della violazione inerente la retribuzione, non sussiste automaticità di costituzione del rapporto di lavoro con l’azienda utilizzatrice, ma in tal caso sarà determinate la richiesta del lavoratore stesso mediante ricorso al Tribunale, ex art. 414 cpc.
Laddove questa sia stata presentata, eventuali accertamenti retributivi devono essere effettuati nei confronti dell’utilizzatore; al contrario, invece, gli accertamenti dovranno essere necessariamente adottati solo nei confronti dello pseudo appaltatore.
Dal punto di vista contributivo, invece, occorre tenere presente che il rapporto tra datore di lavoro ed Ente previdenziale trova la propria fonte nella legge e presuppone esclusivamente l’instaurazione di fatto di un rapporto di lavoro. Non rileva, quindi, la stipula di un rapporto negoziale e/o l’eventuale contenzioso sul contratto. Pertanto, il recupero contributivo non è collegato all’azione del lavoratore per chiedere il riconoscimento del rapporto in capo all’utilizzatore.
Come precisato anche dalla Cassazione, in ambito previdenziale vale il principio secondo cui l’unico rapporto rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo.
Pertanto, ogni obbligazione contributiva ricade sempre in capo al soggetto utilizzatore.
In questo caso, però, se i tentativi di recupero non dovessero andare a buon fine, sarà possibile richiedere il pagamento dei contributi anche allo pseudo appaltatore che non può ritenersi estraneo alle vicende accertate.