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Continuano i lavori alla Commissione Europea per arrivare a definire il prima possibile le bozze della nuova PAC post 2020, con tempi strettissimi e tanti interrogativi ancora aperti.
Già da diversi mesi le istituzioni comunitarie sono al lavoro per cercare di delineare le nuove linee guida della PAC post 2020, con la necessità di trovare anche una quadratura sul bilancio e sugli sviluppi economici della politica agricola comune.
Il primo passaggio obbligato sarà quello del QFP (Quadro Finanziario Pluriennale), di cui si inizierà a discutere nei tavoli di lavoro a partire dal prossimo mese di maggio, per cercare di trovare un equilibrio tra la necessità di sostegno agli operatori e ai singoli Stati, garantendo anche una stabilità della spesa e degli ambiti oggetto di agevolazioni e la necessità di rispondere a nuove esigenze e di fronteggiare nuove sfide nell’ambito della politica agricola comune.
Si tratta di un equilibrio delicatissimo, ma fondamentale, che la Commissione conta di trovare già a partire da giugno 2018, quando si spera di poter presentare le prime bozze di proposte sulla PAC post 2020.
Uno dei nodi cruciali sarà quello relativo al finanziamento della politica agricola comune. Da un lato, infatti, le istituzioni europee contestano da anni il peso delle spese derivanti dal sistema PAC (circa il 39% del QFP 2014-2020); dall’altro, l’uscita del Regno Unito dalla UE comporta una importante riduzione delle risorse a disposizione (si stimano circa 13 miliardi di euro in meno).
Le alternative sul piatto sono due: o si riduce sensibilmente la spesa per la PAC, oppure è necessario tornare al cofinanziamento della stessa. Quest’ultima ipotesi è giudicata negativamente da più parti, in quanto sembrerebbe aprire ad una rinazionalizzazione suscettibile di assoggettare il bilancio UE alla volontà dei singoli stati e alle eventuali necessità di tagli e aggiustamenti dei singoli bilanci nazionali.
Laddove venisse escluso il cofinanziamento statale della PAC, però, il destino parrebbe segnato: le prime stime parlano di una riduzione del budget destinato alla politica agricola comune compreso tra il 10% e il 30% degli importi attuali.
Non sarà facile conciliare tale situazione con la volontà di rilanciare la PAC, per mettere l’accento su nuovi ambiti quali quello dell’immigrazione, quello della difesa e dell’occupazione giovanile.
Gran parte del lavoro verrà fatto durante il primo semestre di quest’anno, quello della presidenza bulgara della Commissione, la quale ha fissato come obiettivi quello di seguire l’andamento dei mercati agricoli, vigilare sulla proliferazione di pratiche commerciali scorrette e di proseguire sulla regolamentazione delle bevande spiritose. Senza dimenticare, però, il settore della zootecnia, con attenzione alle faune selvatiche, al benessere degli animali (specie durante i trasporti) e all’utilizzo di mangimi e medicinali veterinari.
Servirà quindi tanto lavoro per procedere a tappe forzate verso l’approvazione della nuova PAC: a maggio verranno presentate le proposte per il bilancio UE, che dovrà essere approvato entro maggio 2019. Di pari passo, le prime bozze della PAC post 2020 dovrebbero essere discusse a partire dal prossimo mese di giugno, per poi essere approvate entro i primi mesi del 2019.
In caso di ritardi, il rischio è quello di non riuscire a chiudere la partita entro la primavera 2019, quando le elezioni del Parlamento Europeo bloccheranno le attività decisionali. Se ciò accadesse, si rischierebbe di finire in una fase di limbo, da cui sarebbe difficile uscire in tempi brevi.