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La Rivista | nº 00 Dicembre 2018


Fisco e agricoltura: agevolazioni interessanti ma manca una visione di insieme

del prof. Maurizio Leo, avvocato

Gli ultimi dati resi noti dall’ISTAT, riferiti al 2017, evidenziano che il valore aggiunto nell’agricoltura è di 31,5 miliardi di euro, il 2,1% del valore aggiunto nazionale. Peraltro, archiviato un 2017 molto “problematico” per via delle complicate condizioni climatiche, il 2018 sembra essersi avviato in forte recupero. Il valore aggiunto, in termini reali, guadagna, infatti, 4,6 punti percentuali rispetto all’ultimo trimestre del 2017 (fonte: ISMEA). L’agricoltura, poi, occupa sempre più giovani: il 7% del totale delle imprese agricole, con un dato in forte crescita rispetto al recente passato. Già questi numeri testimoniano quanto importante sia l’agricoltura per il nostro Paese e quanta rilevanza abbia questo settore per la crescita reale di economia e occupazione. È evidente, infatti, che lo sviluppo italiano passi anche e soprattutto dalla capacità di valorizzare la c.d. biodiversità e il know how che nel tempo si è “costruito” nelle nostre aziende agricole.

In questo senso, anche il legislatore fiscale deve fare la sua parte, creando le condizioni migliori per la crescita e per il reinvestimento delle risorse. Non si può dire che, negli ultimi anni, l’attenzione non vi sia stata per niente. Si consideri, ad esempio, che le agevolazioni in materia di imposte dirette hanno reso il settore certamente molto attrattivo, quantomeno sul piano del tax rate. Manca, però, a mio giudizio, uno sguardo d’insieme che garantisca una crescita tale da permettere, alle nostre aziende agricole, di competere sui mercati mondiali. Si dovrebbe, infatti, creare un sistema di regole fiscali che tenga conto delle specificità del settore e lo agevoli (come, in parte, già avviene), ma che detassi, il più possibile, anche la crescita, sebbene in modo “intelligente” e lungimirante. Mi sembra giunto il momento di pensare a un sistema organico e razionale di agevolazioni fiscali di settore che mettano le aziende nelle condizioni di migliorare la qualità dei propri prodotti e di utilizzare quest’ultima come trampolino per aggredire nuovi mercati. L’idea di fondo sarebbe innescare un circolo virtuoso fatto di crescita dimensionale, di maggiori esportazioni e di reinvestimento dei maggiori utili detassati nella ricerca e nella produttività aziendale.

Tuttavia, oltre alla già menzionata detassazione dei redditi agricoli, va detto che già oggi il settore può vantare qualche interessante agevolazione che, tuttavia, non è sempre di semplice fruizione.

Si pensi alla applicabilità del regime di imposizione forfetaria anche alle società che esercitano attività agricola operando nella forma di società a responsabilità limitata (oltre che a quelle operanti come società semplici). Norma interessante che, però, ha suscitato non pochi problemi sul piano della concreta attuazione. Si fa riferimento, ad esempio, alla circostanza che spesso l’Agenzia delle Entrate ha reputato la disposizione agevolativa non fruibile in corrispondenza di trasformazioni regressive da società per azioni a società a responsabilità limitata. Non può tacersi, in verità, che l’Amministrazione Finanziaria, su questo punto, stia facendo dei condivisibili sforzi interpretativi, nel senso di discernere, il più possibile, i comportamenti abusivi da quelli legittimi. Ciò detto, deve osservarsi come queste interpretazioni di prassi siano particolarmente criticabili sul piano sistematico. Per quale motivo, a parità di soggetto giuridico e di attività esercitata, dovrebbero applicarsi due distinti regimi fiscali, uno per la società a responsabilità limitata che prima era una società per azioni e uno, fortemente più favorevole, per la società a responsabilità limitata che prima era una società semplice?

Lo stesso Patent Box è una normativa interessante per il settore, in quanto consente di detassare gli utili rivenienti dall’utilizzo del marchio e dal know how aziendale; si tratta, infatti, di asset certamente detenuti da molte delle aziende agricole. Tuttavia, la lentezza (per certi aspetti comprensibile, per altri meno) delle procedure di accesso al beneficio ha costituito una limitazione non di poco conto alla capacità espansiva della agevolazione. Ciò senza considerare che, quantomeno per i marchi, si tratta di un beneficio “a tempo determinato”, destinato ad azzerarsi nel tempo.

In effetti, in termini generali, si può dire che il settore agricolo è destinatario di una pluralità di agevolazioni che, tuttavia, sembrano più un puzzle di difficile composizione che un insieme articolato di regole “di sistema” coordinate tra loro. Sotto questo profilo, una nuova iniziativa editoriale come quella della nuova rivista di "ConsulenzaAgricola" è certo una buona notizia. Si cerca di creare un nuovo e utile strumento per districarsi nella complessa materia della fiscalità agricola, uno strumento che permetterà di gestire al meglio la normativa esistente e di conoscere le agevolazioni in essere, utilizzandole nel modo più proficuo possibile. D’altra parte, la complessità delle tematiche trattate merita quel dibattito ampio e autorevole che la nuova rivista intende stimolare.

Tutto ciò nell’attesa che si crei quell’auspicato e organico sistema di regole fiscali ad hoc che, partendo dalla consapevolezza della specificità del mondo agricolo, incentivi la crescita e premi chi porta un po’ di Italia sulle tavole dei cittadini di tutto il mondo. D’altra parte, ne guadagnerebbero anche i loro palati, oltre che il nostro PIL.

* Maurizio Leo è professore ordinario presso la Scuola Nazionale della Amministrazione, istituzione, collocata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, deputata a selezionare, reclutare e formare i funzionari e i dirigenti pubblici.





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