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La disoccupazione agricola rappresenta uno degli istituti storici del mondo dell’agricoltura, un prezioso sostegno per i lavoratori della campagna che, per loro natura, sono caratterizzati da rapporti lavorativi a tempo determinato, legati alla stagionalità delle colture o all’indulgenza del tempo. Proprio per questa peculiarità del lavoro agricolo, sin dal 1949, con l’art. 32 della Legge n. 264, il legislatore ha introdotto una forma di assicurazione per i braccianti e gli operai agricoli, volta a garantire un reddito ai lavoratori anche durante i periodi di inattività.
Ovviamente, tale disciplina è stata più volte modificata nel corso degli anni ed integrata grazie agli interventi normativi del Legislatore, tramite appositi decreti, e all’impulso chiarificatore dell’INPS che per mezzo di circolari e messaggi ha tracciato le linee guida della disoccupazione agricola così come la conosciamo oggi.
La disoccupazione agricola è una particolare forma di ammortizzatore sociale a cui hanno diritto gli operai che lavorano in agricoltura, purché siano in possesso di alcuni fondamentali requisiti.
Da un punto di vista soggettivo, possono accedere a tale forma di indennizzo:
Diversi sono i soggetti, che, invece, non possono accedere alla disoccupazione agricola. Tra questi meritano menzione i lavoratori titolari di pensione al 1° gennaio dell’anno di competenza della prestazione, a tal proposito giova precisare che, se il pensionamento avviene in corso d’anno, l’indennità di disoccupazione va riproporzionata in base al numero di mesi antecedenti la decorrenza della pensione.
Sono esclusi dalla disoccupazione agricola anche i lavoratori iscritti in una delle Gestioni autonome o nella Gestione Separata INPS per l’intero anno o per parte dell’anno di riferimento. In questo secondo caso, però, l’esclusione opera solo nel caso in cui le giornate lavorative riferite al periodo di iscrizione alle varie gestioni siano superiori a quelle effettuate in qualità di lavoratore agricolo dipendente.