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La Suprema Corte (cfr. Cassazione, Ordinanza n. 30078 del 26 ottobre 2021), decidendo in merito ad una controversia riguardante il riconoscimento della ruralità di una casa di abitazione di superficie superiore ai 240 mq, ha sottolineato che “ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c., e in particolare destinate ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento. Ciò significa che, secondo il combinato disposto del D.L. n. 557/1993, commi 3 e 3-bis, un immobile di fatto adibito ad abitazione del coltivatore diretto e della sua famiglia o utilizzato per altre esigenze abitative che non siano quelle poc’anzi descritte, avente una superficie superiore a quella indicata dal citato D.M. 2 agosto 1969, non può essere considerato rurale”.
In sostanza, la casa dei dipendenti dell’azienda agricola non può essere presa a paragone per giustificare la ruralità di un fabbricato ad uso abitativo che possiede le caratteristiche proprie della “casa di lusso”.
L’Ordinanza della Cassazione è conforme alle disposizioni di legge che disciplinano la materia e d’altronde non potrebbe essere diversamente.
Come noto, il citato articolo 9, commi 3 e 3-bis, prevede, ai fini del riconoscimento della ruralità, distinti requisiti sia per le abitazioni che per gli immobili strumentali.