Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Come noto, ai sensi dell’art. 43 del Codice Civile, il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza, invece, è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. A questo principio si è ispirata di recente la Suprema Corte (Cassazione, Ordinanza n. 35885 del 22 novembre 2021) decidendo in merito ad una controversia riguardante le abitazioni dei dipendenti dell’azienda agricola. In tale circostanza è stato affermato che l’espressione “abitazione”, adoperata dal legislatore quale condizione della ruralità dell’immobile, non può avere altro significato che quello di una stabile e abituale dimora in quel determinato luogo (Cassazione, Sentenza n. 11038 del 19 aprile 2019).
Pertanto, seguendo il ragionamento dei giudici, i dipendenti esercenti attività agricole a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento ed assunti nel rispetto della normativa in materia di collocamento (D.L. n. 557/1993, art. 9, comma 3, lett. e), oltre ad utilizzare le abitazioni ad essi riservate, devono anche risiedervi fermo restando che si tratti di immobili non pregiati (categorie A/1 e A/8), di superficie non eccedente i 240 metri quadri perché altrimenti sarebbero qualificabili come "case di lusso" e, quindi, privi della ruralità (art. 9, comma 3, lett. e).