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La Cassazione ha avuto modo di esaminare di recente alcune questioni concernenti l’imposta di successione con specifico riferimento alla tassazione delle somme di denaro depositate presso istituti di credito, analizzandone i riflessi che queste comportano.
In particolare, si è soffermata sugli aspetti connessi all’applicazione dell’art. 9 del TUS riguardante la presunzione del 10 per cento su “denaro, gioielli e mobilia” e alle disposizioni testamentarie con cui il testatore abbia lasciato ad un legatario le somme risultanti a credito su un conto corrente bancario al momento della sua morte ovvero abbia riservato ad esso somme di denaro, senza indicazione di un conto specifico ponendo così il distinguo fra il “legato di specie” e quello “di genere”.
Entrambi gli argomenti sono stati oggetto di pronunciamenti di seguito commentati. Prima di entrare nel merito delle singole vertenze occorre partire per entrambe da alcune premesse in quanto attinenti la normativa di riferimento.
La prima Ordinanza (Cass. n. 33682 del 16 novembre 2022) di cui ci si occupa è quella con la quale la Suprema Corte si è espressa sulla presunzione di cui all’articolo 9 del D.Lgs n. 346/1990 (Testo unico dell’imposta di successione) il quale prevede che l’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all’imposta.
Il comma 2 prevede, inoltre, che si considerano compresi nell’attivo ereditario “denaro, gioielli e mobilia”[1] per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico, redatto a norma degli art. 769 c.p.c e seguenti, non ne risulti l’esistenza per un importo diverso.
La norma ricalca quanto disposto dalla precedente disciplina dove, all’art. 8, comma 2, del D.P.R n. 637/1972, era espressamente stabilito che “Nell’attivo si considerano compresi denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore complessivo netto dell’asse ereditario detratto un ammontare pari a quello degli scaglioni non assoggettabili a imposta anche se dichiarati per un importo minore, salvo che siano dichiarati e analiticamente indicati in inventario per il minore importo idoneamente dimostrato”.