Facciamo il punto sull’Influenza Aviaria ad Alta Patogenicità

di Giancarlo Belluzzi, medico veterinario

Dopo un anno che il virus imperversa in quasi tutto il mondo, l’Organizzazione Mondiale della sanità animale (ed umana) richiama i veterinari di ogni Nazione alla sorveglianza precoce ed attiva sugli uccelli selvatici, per monitorare anche le specie animali non avicole potenzialmente infettabili. Intanto in America il virus ha già colpito i bovini e due addetti, mentre rimane sempre la minaccia che il virus si trasmetta sistematicamente all’uomo e scateni una seria pandemia.

Siamo alle porte dell’estate ma l’Influenza Aviaria (IA) è ancora attiva e si prevedono scenari peggiori all’inizio dell’autunno. Siamo anche lontani dalla tipica stagione fredda ma la malattia resta una minaccia, tanto da essere ormai definita una malattia planetaria[1]. Per prepararci, prima dell’autunno, all’inevitabile e spesso massiccio ingresso del virus H5N1 nei selvatici e negli allevamenti, vale la pena di tratteggiare il quadro della situazione attuale.

In America il virus è stato in grado di infettare delle bovine da latte di alcune decine di allevamenti, trasferendosi poi anche a due operai addetti alla mungitura. Questa “mossa” virale, ampliando logicamente il rischio di trasmissione all’uomo, è un segnale di allargamento della sfera del contagio, con le inevitabili preoccupazioni degli esperti che temono ricadute sulla salute delle persone, sulle loro movimentazioni, sui rapporti con altri Paesi e le conseguenziali restrizioni delle aree e dei mercati.

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