La Cassazione, con la sentenza n. 11974/2019, è tornata ad esprimersi sul concetto di strumentalità dei fabbricati in possesso delle cooperative agricole e sulla conseguente classificazione nella categoria catastale D/10.
Il caso
L’oggetto del contendere era un fabbricato in possesso di una cooperativa agricola che, sin dalle origini, lo utilizzava per stoccare, confezionare e distribuire i prodotti agricoli derivanti dalle attività produttive dei soci.
L’Ufficio disconosceva la ruralità di tale immobile, contestando la classificazione in D/10, poiché il fabbricato aveva caratteristiche tali da renderlo idoneo allo svolgimento di un’attività industriale.
La Cassazione, ribadendo quanto già in passato affermato, ha rigettato le motivazioni dell’Agenzia delle Entrate, puntualizzando i presupposti richiesti dal legislatore per valutare la strumentalità di un fabbricato.
La decisione dei Giudici
Gli Ermellini, citando vecchie pronunce, hanno riaffermato che i presupposti per determinare la strumentalità sussistono quando:
- il fabbricato della cooperativa abbia una funzione produttiva connessa all’attività agricola dei soci;
- tale funzione sia rivelata dalle caratteristiche proprie dell’immobile, delle pertinenze e degli impianti installati;
- la tipologia del complesso sia tale da renderlo insuscettibile di destinazione diversa da quella originaria, se non ricorrendo a radicali trasformazioni.
Secondo i Giudici, quindi, di nessuna importanza è l’osservazione che lo stesso impianto potrebbe svolgere ordinarie attività commerciali o industriali, anche se non fosse posseduto dalla cooperativa, poiché ciò che rileva è l’effettiva strumentalità dello stesso con l’attività agricola.
Sul punto, nel testo della sentenza si legge che “in tema di classamento, il carattere rurale dei fabbricati diversi da quelli destinati ad abitazione, non può essere negato ogni qualvolta essi siano strumentalmente destinati allo svolgimento di attività agricole contemplate dal D.P.R. n. 971 del 1986, art. 32 o anche da quelle aggiunte dal D.L. 557/1993, art. 9, comma 3-bis, e ciò a prescindere dal fatto che non coincidano la titolarità del fabbricato e la titolarità dei terreni da cui provengono i prodotti”.
Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, D.L. 557/1993, deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile e in particolare destinate:
- alla protezione delle piante;
- alla conservazione dei prodotti agricoli;
- alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento;
- all’allevamento e al ricovero degli animali;
- all’agriturismo, in conformità a quanto previsto dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96;
- ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;
- alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;
- ad uso di ufficio dell’azienda agricola;
- alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
- all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.
Nel caso in esame, è indubbio che i fabbricati in possesso della cooperativa debbano essere considerati strumentali alle attività agricole in quanto rientranti nella definizione contenuta al punto i) di cui sopra.
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