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Con la recente Sentenza n. 95 del 9 maggio 2022, la Commissione Tributaria Provinciale di Forlì, sancisce un principio che conferma un orientamento giurisprudenziale, già espresso in passato, volto ad attribuire la necessaria rilevanza dei proventi di derivazione extra agricola sulla marginalità dei ricavi di un’azienda agricola per poterne compromettere la qualificazione.
Come noto, infatti, per la qualificazione di società agricola risulta fondamentale rispettare le condizioni previste dall’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, come di seguito riportate:
Pertanto, al ricorrere di tali condizioni e in mancanza di elementi “distorsivi” che possano fare venire meno il concetto di esercizio esclusivo dell’attività agricola, la società in commento può optare per la determinazione del proprio reddito sulla base dei principi catastali (art. 32, TUIR) a norma dell’art. 1, comma 1093, Legge n. 296/2006.
Orbene, secondo l’Agenzia delle Entrate, il possesso di quote di partecipazione in società esercenti attività diverse da quelle agricole, detenute da società agricole, legittimava la notifica di un avviso di accertamento alla società detentrice delle quote sulla base del presupposto che una tale fattispecie comportasse, di fatto, il venire meno dell’esercizio esclusivo dell’attività di cui all’art. 2135, codice civile.
A ben vedere e considerando anche il contenuto del comma 1 dell’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, per poter affermare l’esclusione dall’esercizio esclusivo dell’attività agricola, è necessario effettuare un approfondimento ulteriore che si basi sull’effettiva rilevanza sostanziale dei proventi derivanti da attività extra agricole.
Infatti, si legge che: “non costituiscono distrazione dall'esercizio esclusivo delle attività agricole la locazione, il comodato e l'affitto di fabbricati ad uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati ad uso strumentale alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del Codice Civile, sempreché i ricavi derivanti dalla locazione o dall'affitto siano marginali rispetto a quelli derivanti dall'esercizio dell'attività agricola esercitata. Il requisito della marginalità si considera soddisfatto qualora l'ammontare dei ricavi relativi alle locazioni e affitto dei beni non superi il 10 per cento dell'ammontare dei ricavi complessivi.”
La Commissione Tributaria Provinciale, infatti, nel sostenere i rilievi proposti dalla controparte in giudizio ed affermando che l’elencazione riportata al comma 1 del citato art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, non è tassativa, ha ritenuto che il possesso di partecipazioni di una società agricola in società esercenti attività diverse non fosse elemento “tout court” rilevante ai fini della esclusione dello svolgimento dell’attività agricola, richiedendo a tal fine l’effettuazione di un’analisi più dettagliata ricollegabile alla marginalità delle risultanze delle partecipazioni sul conto economico della società agricola.
Pertanto, elemento imprescindibile per le valutazioni di merito in commento, sarà sempre l’incidenza economica sostanziale sull’attività svolta che potrà determinare l’eventuale perdita della “natura agricola” alla società posta sotto esame.
Diversamente, qualora la detenzione partecipativa assuma carattere significativo rispetto all’attività svolta dalla società agricola comportando per quest’ultima un mutamento del “centro di attenzione degli interessi economici” (come, ad esempio, la gestione delle partecipazioni possedute), lo stesso oggetto sociale non sarebbe più coerente con il disposto dell’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004 e, pertanto, avremmo, come conseguenza diretta ed immediata, la fuoriuscita della società dalla determinazione catastale del reddito.