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Sulla base dei recenti pronunciamenti giurisprudenziali e della presa d’atto dell’Agenzia delle Entrate circa la qualificazione della cessione di cubatura, vengono a determinarsi nuovi scenari per chi ha affrancato il valore di terreni agricoli e aree edificabili o che, nella prospettiva di una prossima cessione, intendendo effettuarne la rivalutazione nel 2023.
Come abbiamo illustrato in una nostra precedente circolare (n. 57/2023), l’Agenzia delle Entrate ha recentemente condiviso l’orientamento della Corte di Cassazione in base al quale la cessione della potenzialità edificatoria, quando disgiunta dal suolo, non rappresenta la cessione di un diritto reale ma costituisce un’obbligazione riconducibile alla fattispecie dell’obbligo di fare, di non fare e permettere.
Sulla questione, fino ad ora, l’orientamento dell’Amministrazione Finanziaria è stato rivolto a fornire indicazioni sul corretto inquadramento di questo tipo di operazioni ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro ed eventualmente dell’IVA.
Per quanto riguarda le imposte sul reddito, l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, non svolta nell’ambito dell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, determina un reddito diverso ai sensi della lett. l), comma 1, dell’art. 67, TUIR.
Ne consegue che i redditi derivanti dalla cessione della sola cubatura, ai sensi dell’art. 71, comma 2, TUIR, si determinano sulla base della differenza tra l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione. In tal caso, quindi, gli effetti dell’affrancamento sono fuorigioco.
Coloro che in passato hanno effettuato l’affrancamento del valore di acquisto di un’area edificabile ritenendo di poter cedere la sola cubatura, determinandone la plusvalenza sulla base della differenza tra il prezzo rivalutato ed i corrispettivi che si fossero percepiti (art. 68, comma 1, TUIR), devono riconsiderare il proprio operato.
Nulla è invece cambiato per coloro che intendono cedere effettivamente l’area, in quanto l’operazione continua ad essere rappresentata dalla cessione di un diritto reale, riconducibile, anche ai fini delle imposte sul reddito, alla fattispecie dei redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR. Per tale tipologia di reddito la plusvalenza può quindi essere “sterilizzata” dal nuovo valore dell’area determinato dalla rivalutazione, con conseguente pagamento della “sola” imposta sostitutiva.
Sulla questione è opportuno che l’Amministrazione Finanziaria si esprima al più presto, riconoscendo che l’operato fin qui seguito dai contribuenti, sulla base dei precedenti orientamenti, non può essere sanzionato.
Un'ulteriore valutazione andrebbe effettuata per coloro che, sulla base dei precedenti orientamenti, hanno effettuato la rivalutazione, versando l’imposta sostitutiva. La finalità dell’operazione ed il costo che ne deriva risultano oggi sostanzialmente ininfluenti sul carico fiscale dell’operazione di cessione totale o parziale della potenzialità edificatoria dell’area.