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Come noto, sia la disciplina ICI sia quella IMU prevedono che, in caso di utilizzazione edificatoria dell'area a seguito di demolizione del fabbricato o di interventi di recupero, la base imponibile del tributo sia costituita dal valore venale dell'area su cui l’immobile insiste, la quale è considerata fabbricabile.
Dal computo del valore dell’area, occorre escludere il valore del fabbricato in corso d'opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.
In passato abbiamo segnalato il paradosso per effetto del quale, in caso di interventi di recupero su immobili non soggetti al tributo comunale (ad esempio, immobili “prima casa” o fabbricati rurali), per il periodo in cui si effettuano i suddetti interventi edili, fin quando i lavori non sono ultimati o l’immobile è nuovamente utilizzato, il contribuente è tenuto al pagamento di ICI/IMU sull’area edificabile.
Ma cosa succede se gli interventi di ampliamento o restauro sono effettuati mediante sopraelevazione? Anche in tal caso si deve sempre corrispondere l’ICI/IMU sull’area di sedime interessata e non sul fabbricato?
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 6040/2023, si è occupata della questione relativa ad un intervento di ampliamento per sopraelevazione su un fabbricato esistente, già ultimato ed accatastato.
Il ricorrente contestava l’interpretazione della disposizione secondo cui l’ICI, relativa al periodo di imposta durante il quale aveva provveduto agli interventi di ampliamento di un fabbricato già accatastato (e dotato di autonoma rendita), doveva essere calcolata sul valore dell’area fabbricabile e non sul fabbricato.
Il Comune infatti, eccepiva come la disciplina ICI (ma ciò vale anche per l’IMU) preveda espressamente che in caso di interventi di demolizione e ricostruzione o di recupero dei fabbricati già esistenti, la base imponibile è rappresentata dal valore dell'area, la quale è considerata fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d'opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione oppure, se antecedente, fino alla data di utilizzo del fabbricato.
Fatta eccezione per gli interventi di demolizione, che nella generalità dei casi determinano la “momentanea inesistenza del fabbricato”, gli interventi di recupero previsti dalla normativa attualmente in vigore non sono sempre “pesanti”, tant’è che la porzione di fabbricato non interessata dagli interventi potrebbe rimanere, di fatto, del tutto immutata.
Come anticipato, anche la disciplina IMU (art. 1, comma 746, Legge n. 160/2019) prevede, tra gli interventi che possono potenzialmente innescare la disapplicazione del calcolo IMU sulla rendita catastale, quelli di cui all’art. 3, D.P.R. n. 380/2001 e, precisamente, quelli indicati alle lettere c), d) ed f); si tratta, quindi, di interventi di restauro e di risanamento conservativo, interventi di ristrutturazione edilizia ed urbanistica che non sempre intaccano il valore e la consistenza del fabbricato esistente.
Pertanto, anche ai fini IMU la definizione di fabbricato fornita dal comma 741, lett. a), dell’art. 1, Legge n. 160/2019, parrebbe poter coesistere con alcuni degli interventi citati al successivo comma 746. Infatti, la norma offre la seguente definizione di fabbricato: “per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale (…) il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all'imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato.”
In passato la Cassazione, sul medesimo tema, non ha avuto un orientamento univoco.
In tema di ICI, nella Sentenza n. 10735/2013, i Giudici di legittimità avevano affermato che per la determinazione della base imponibile di un appartamento in costruzione al primo piano dell'edificio: ”non trova applicazione il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, che disciplina l'utilizzazione edificatoria dell'area (individuando come base imponibile il valore dell'area stessa), ma l'art. 2, comma 1, lettera a), che per l'assoggettabilità ad imposta del "fabbricato di nuova costruzione" individua due criteri alternativi: la data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, quella di utilizzazione: di tal che, nella specie, non essendosi realizzato alcuno dei due presupposti, il Comune non poteva assoggettare ad ICI l'area su cui si sviluppava la cubatura in relazione alla quale era stata conseguita la concessione edilizia per l'appartamento al primo piano, non essendovi altra "area fabbricabile" che quella su cui insisteva l'appartamento a suo tempo realizzato al piano terreno.”
In tal caso, i Giudici hanno inteso disapplicare il calcolo sul valore dell’area, in quanto la nozione di fabbricato è unitaria rispetto all'area su cui esso insiste e, pertanto, una volta che l'area edificabile sia comunque utilizzata, il valore della base imponibile ai fini dell'imposta si trasferisce dall'area stessa all'intera costruzione realizzata. Essendovi un fabbricato già esistente (ultimato e accatastato), insistente sulla medesima area di sedime corrispondente alla nuova costruzione, la base imponibile applicabile è quella derivante dalla rendita catastale dello stesso.
In altre circostanze la Corte di Cassazione ha dato una diversa interpretazione alla disposizione. Ad esempio, nel caso di ampliamento per sopraelevazione di un’abitazione principale, ha ritenuto corretta l’applicazione dell’ICI sul valore dell’area edificabile. In tal senso, nella Sentenza n. 10082/2014, i Giudici hanno affermato che: “L'area cioè ridiventa fabbricabile ab origine, fino a che la ristrutturazione dell'immobile non viene completata. E questo perché, venuta meno la tassabilità del fabbricato, viene tassata l'area come se il fabbricato non esistesse. Ed, anzi, deve essere osservato che il D.Lgs. 546 cit., art. 5, comma 6, stabilisce che l'area su cui insiste la ristrutturazione è da considerarsi fabbricabile ai fini ICI anche in deroga al D.Lgs. n. 504 cit., art. 2, lett. b). Norma per cui, ad esempio, è stabilito che "per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi". Quindi soggetta a ICI è tutta l'area, anche se inedificabile secondo gli strumenti urbanistici ordinari”. Tale interpretazione è stata poi richiamata e confermata anche da successivi pronunciamenti (Sentenza n. 1214/2021).
Ora, con l’Ordinanza n. 6040 del 28 febbraio 2023, gli ermellini chiariscono che, in caso di ampliamento mediante sopraelevazione su di un fabbricato già realizzato, la previsione del comma 746 trova applicazione solo nell’ipotesi di interventi “pesanti”, ovvero quelli che prevedono la demolizione e ricostruzione del fabbricato con aumento delle volumetrie preesistenti. “è evidente, pertanto, che fino all'inizio dei lavori di demolizione e successivamente al termine dei lavori di ricostruzione, presupposto del tributo è il possesso del fabbricato, sicché l'ammontare dell'imposta dovuta si ottiene applicando alla rendita catastale dei fabbricati vigente nell'anno di imposizione i moltiplicatori fissati dalla legge essendo, quindi, ai fini dell'applicabilità della deroga in esame, irrilevante il dato formale (costituito dal permesso di costruire) essendo, al contrario, necessario l'effettivo inizio dei lavori (per costruzione, demolizione e ricostruzione, interventi di recupero edilizio)”.
Nel caso posto all’esame della Corte, non emergeva che la mole dei lavori edilizi per la sopraelevazione dell'unità immobiliare della ricorrente fosse tale da rendere inagibile (dunque inutilizzato e privo di rendita) l'intero fabbricato già in precedenza accatastato.
I Giudici hanno quindi stabilito che, non sussistendo un'ipotesi di “intervento di ristrutturazione pesante" (cfr. al riguardo Cass. 21/1/2021, n. 1214 in motiv.), trova applicazione il principio secondo cui, quando, sfruttando la "cubatura" residua disponibile, venga successivamente eseguita una seconda costruzione, tale seconda costruzione è tassabile solo dal momento della sua ultimazione senza che in precedenza si possa tassare come area fabbricabile la superficie che fornisce la "cubatura" per la realizzazione della seconda costruzione sulla base di principi già affermati da questa Corte (cfr. Cass. n. 10735 del 20/5/2013; Cass. n. 23347 del 15 dicembre 2004) per la determinazione della base imponibile di un'area sopraelevata rispetto ad altro piano di un edificio, quindi, non trova applicazione il D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, che disciplina l'utilizzazione edificatoria dell'area (individuando come base imponibile il valore dell'area stessa), ma l'art. 2, comma 1, lettera a), che per l'assoggettabilità ad imposta del "fabbricato di nuova costruzione" individua due criteri alternativi: la data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, quella di utilizzazione.”
Secondo l’interpretazione dei Giudici, pertanto, anche l’attuale comma 746 trova applicazione solo nel momento in cui gli interventi sono tali da produrre l’insussistenza, seppur temporanea, del fabbricato preesistente, ovvero in grado di compromettere e rendere inutilizzabile l’intero fabbricato precedentemente ultimato e accatastato.