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Il contribuente che ha beneficiato di agevolazioni fiscali derivanti dal proprio status, vedendosi poi negato il riconoscimento della qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale, in sede di contenzioso potrebbe richiedere al giudice tributario di esprimersi non tanto sulla legittimità dell’atto impositivo relativo alla pretesa tributaria, ma sul proprio status di IAP, la cui definizione compete alle singole Regioni. In tale ipotesi, il giudice tributario non ha titolo per intervenire, in quanto la competenza in materia è del giudice ordinario.
Tale precisazione è stata fornita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la Sentenza n. 22086/2018.
Il D.Lgs. n. 99/2004, all’art. 1, offre la definizione di Imprenditore Agricolo Professionale, definendo tale: “(…) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del Codice Civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. (…) Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale. Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato Regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento”.
Il successivo comma 2 dispone invece che l’accertamento dei requisiti sia di competenza delle Regioni e che l’accertamento eseguito da una Regione abbia efficacia su tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, ai soli fini previdenziali, è data facoltà all’INPS di svolgere, sul medesimo imprenditore, le verifiche necessarie ai sensi del D.P.R. n. 476/2001.
Il caso sottoposto ai giudici di legittimità riguarda l’impugnazione di un provvedimento con il quale l’ente territorialmente competente aveva rigettato la richiesta di riconoscimento della qualifica professionale IAP ai soci di una società e della stessa società della quale erano soci nonché legali rappresentanti.
L’oggetto principale del giudizio non era quindi l’accertamento della pretesa fiscale, ma dei requisiti prescritti dalla legge per ottenere la qualifica di IAP.
In precedenza, le pronunce della Cassazione si limitavano a dichiarare la domanda come “improponibile”, oppure, ritenendo in taluni casi che si fosse in presenza di situazioni di fatto direttamente connesse con il potere di imposizione tributaria (come nella Sentenza n. 27209/2009), hanno sostenuto che: “La proposizione, come nella specie, di un'azione di accertamento innanzi al giudice tributario (pur essendo considerata estranea al modulo di tale processo, che deve essere necessariamente introdotto con l'impugnazione di specifici atti) non dà luogo ad un'ipotesi di difetto di giurisdizione, ma soltanto ad un'improponibilità della domanda, essendo la giurisdizione attribuita in via esclusiva e ratione materiae, e non in considerazione dell'oggetto della domanda”. La conseguenza, in questi casi, era la cassazione senza rinvio della decisione di merito che si sia pronunciata su di essa.
Nella Sentenza n. 22086/2018 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno statuito che la domanda azionata dal contribuente, non essendo configurabile nella controversia in esame alcun rapporto di natura tributaria, non poteva essere rivolta al giudice tributario. Quest’ultimo, infatti, è eventualmente chiamato a giudicare sugli effetti derivanti dall'ottenimento o dal non ottenimento della qualifica di IAP. Si tratta, quindi, di un aspetto successivo e conseguente.
Secondo la Corte di Cassazione, la controversia non aveva alcun rapporto di natura tributaria in quanto:
Il giudice tributario non può quindi sindacare sulla qualifica rilasciata dalla Regione e neppure sulle ragioni che ne hanno eventualmente negato il rilascio. La competenza in materia è quindi del giudice ordinario.