tr?id=945082922274138&ev=PageView&noscript=1 Donazione da zia a nipote. Nessuna esenzione per i parenti in linea collaterale

La Rivista | nº 04 Aprile 2020


Donazione da zia a nipote. Nessuna esenzione per i parenti in linea collaterale

di Luigi Cenicola, esperto fiscale

Il termine civilistico di “discendente”, sia quando utilizzato singolarmente sia quando è accompagnato dalla locuzione “in linea retta”, assume il compiuto e ben preciso significato tecnico-giuridico, corrispondente all’accezione nel linguaggio ordinario, di indicare il legame di sangue tra due soggetti legati da un vincolo ascendenza-discendenza in linea retta di primo grado (padre-figlio), di secondo grado (nonno-nipote) o di gradi ulteriori (nonno-pronipote).

Quando la normativa civilistica vuole estendere un effetto giuridico a rapporti che non sono di mera ascendenza-discendenza vengono utilizzate parole diverse quali: “fratelli”, “sorelle”, “collaterali”, “parenti”.

La puntualizzazione è della Suprema Corte (cfr., Cassazione, Sentenza n. 31333/2019) intervenuta su di una controversia circa la competenza o meno delle agevolazioni fiscali previste dal D.Lgs. n. 346/1990, art. 3, comma 4 -ter; più propriamente il motivo del contendere era incentrato sul fatto che mentre lo stesso documento normativo utilizza in più occasioni l’enunciato “discendenti in linea retta” o “parenti in linea retta” solo nella norma in oggetto si fa riferimento ai discendenti “tout court”, lasciando presupporre una sua possibile interpretazione estensiva.

L’articolo da ultimo citato prevede, infatti, che i trasferimenti, effettuati anche tramite “i patti di famiglia”, di cui agli artt. 768-bis e seguenti del codice civile, a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta di donazione”.

La stessa norma dispone poi che il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso (cfr., Cassazione, Ordinanza n. 2417/2019). In caso contrario, si decade dal beneficio e conseguentemente è dovuta l’imposta in misura ordinaria, oltre al pagamento della sanzione amministrativa (D.Lgs. n. 471/1997, art. 13) e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.

Come noto, l’art. 768-bis c.c. definisce il patto di famiglia come il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

Il “patto di famiglia” è stato introdotto nell’ordinamento dalla Legge n. 55/2006, art.2, che ha inserito al libro II (delle successioni), titolo IV (della donazione), del codice civile, il capo V-bis che disciplina la normativa (artt. da 768-bis a 768-octies). Sebbene inserito nell’ambito delle successioni, va comunque inteso quale “atto tra vivi” traslativo, ad efficacia reale e necessariamente gratuito (Agenzia Entrate, Circolare n. 3/E/2008).

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