tr?id=945082922274138&ev=PageView&noscript=1 L'area destinata ad attività estrattiva è determinata in base al valore venale

La Rivista | nº 05 Maggio 2019


L'area destinata ad attività estrattiva è determinata in base al valore venale

di Luigi Cenicola, esperto fiscale

La Cassazione (cfr. Ordinanza n. 3267/2019) è tornata nuovamente ad occuparsi delle cave ribadendo quanto già affermato in precedenza (cfr. Sentenza n. 14409/2017) e cioè che “In tema di ICI, ove l’area sia adibita ad attività estrattiva secondo il regolamento urbanistico e suscettibile, in conformità allo stesso, di edificazione, ancorché limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali, la base imponibile deve essere determinata avendo riguardo al valore venale”.

La sentenza consolida il principio, applicabile anche all’IMU, secondo il quale le “cave”, così qualificate dagli strumenti urbanistici, sono da qualificarsi come aree edificabili per cui sembrano superate le incertezze legate alla posizione assunta in merito dall’Amministrazione finanziaria la quale, argomentando diversamente, ha ritenuto che le medesime sono da considerarsi come “fabbricati” e, in quanto tali, soggette a censimento; in quanto fabbricati dovrebbero essere iscritte al catasto edilizio con attribuzione della relativa “rendita catastale”, ma su questo particolare aspetto torneremo in seguito.

Come accennato, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi ancora in materia di “cave” esaminando un caso analogo a quello già deciso nel 2017.

Nei fatti, il Comune notificava ad una società avvisi di accertamento riguardanti l’ICI (anni dal 2002 al 2005) relativa a due lotti di terreni, di cui era proprietaria, ricompresi in “zona E”, con inclusione in “sottozona D”, parte agricola e parte industriale-estrattiva (e con destinazione fattuale, debitamente autorizzata in regime di convenzione comunale, a cava) ritenendo che i suddetti immobili dovessero essere assoggettati al tributo quali “aree edificabili”, pur in difetto di strumenti urbanistici attuativi della previsione di PRG (D.Lgs. n. 504/1992, ex art. 5, comma 5).
In sede contenziosa, sia i giudici di primo grado che quelli di secondo grado legittimavano l’operato del Comune in quanto la determinazione di valore imponibile era coerente con quanto previsto dalla normativa di riferimento, posto che l’assenza di piano attuativo dello strumento generale non attenuava la potenzialità edificatoria delle aree.

Ricorreva per Cassazione la società contribuente contestando la sentenza della CTR in quanto non aveva considerato che dal certificato di destinazione urbanistica risultava palese che i terreni avessero come destinazione quella agricola (zona E) con inclusione in sottozona “D” parte agricola e parte industriale-estrattiva per cui su di essi potevano edificarsi soltanto fabbricati rurali di stretta pertinenza alla coltivazione ed attività connesse, esenti pertanto da ICI (D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 7), ovvero minimi edifici strumentali alla lavorazione estrattiva (sottozona D3).

Nel merito, la Cassazione ha accertato che la parte di terreno destinata ad attività estrattiva riguardava una di cava di travertino debitamente autorizzata e conseguentemente, sulla base di questa destinazione urbanistica, il terreno era suscettivo di potenzialità edificatoria, ancorché limitata, perché strumentalmente finalizzata alla stessa attività estrattiva.

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