tr?id=945082922274138&ev=PageView&noscript=1 I contratti stagionali ex art. 56 Legge n. 203/1982

La Rivista | nº 07-08 Luglio 2019


I contratti stagionali ex art. 56 Legge n. 203/1982

di Guido Bianchi, esperto di fiscalità agraria

Con la riforma dei patti agrari del 1982 il legislatore ha vietato la stipulazione di nuovi contratti associativi che abbiano come oggetto il conferimento di fondi rustici. Dal 6 maggio 1982 non è stato perciò più possibile stipulare validamente contratti di mezzadria, colonìa e compartecipazione e, se stipulati, tali contratti sono nulli di pieno diritto anche se formati con l’assistenza delle organizzazioni professionali agricole stante l’espresso divieto imposto dall’art. 45 della legge n. 203/82. Dalla decapitazione legislativa è sopravvissuto il contratto di soccida semplice poiché ha per oggetto la conduzione di un allevamento e non la coltivazione di un fondo rustico.

Contestualmente, con l’art. 27, il medesimo legislatore ha disposto la riconduzione all’affitto di tutti quei contratti tipici e atipici diversi dalla mezzadria, colonìa e compartecipazione, che abbiano quale oggetto il conferimento di fondi rustici, indipendentemente dalla centralità o meno del fondo nell’economia del contratto.

La giurisprudenza ha fornito una precisa definizione di contratto agrario riconducibile all’affitto, individuandolo nella concessione della disponibilità di un fondo a un coltivatore diretto che preveda la gestione dell’impresa agricola da parte del concessionario, con oneri e rischi solo su di lui gravanti, verso il pagamento di un canone periodico al concedente, e senza alcuna ingerenza, tanto meno direttiva, del concedente medesimo nell’attività agricola del concessionario (Cass. n. 9978/2014; Cass. n. 25404/2009).

Sulla base di tale concetto, la giurisprudenza ha ritenuto che anche l’affitto d’azienda possa ricadere nell’ambito della disciplina dell’affitto di fondo rustico (Cass. n. 5942/1993), mentre ha escluso da tale caratteristica il contratto di comodato, stante la sua natura gratuita ed essenzialmente precaria (Cass. n. 2347/1988; Cass. n. 10447/1995; Cass. n. 11635/1997; Cass. n. 7364/2000). Non sono contratti agrari in senso stretto, e quindi non possono essere ricondotti all’affitto, neppure i contratti di società che prevedano il conferimento di aziende agricole o di fondi rustici, quelli di concessione dell’usufrutto e l’enfiteusi.

Il contratto d’affitto di fondo rustico è quindi l’unico contratto agrario di scambio validamente stipulabile, mentre quello di soccida è l’unico contratto agrario associativo ammesso.

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L’assolutismo della disciplina dell’affitto è rotto, per espressa disposizione dell’art. 56 della legge n. 203/82, dalla possibilità di stipulare validamente contratti di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, di concessioni per coltivazioni intercalari e quelli per la vendita di erbe di durata inferiore ad un anno, quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente ma soggetti a rotazione agraria.

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