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Con la riforma dei patti agrari del 1982 il legislatore ha vietato la stipulazione di nuovi contratti associativi che abbiano come oggetto il conferimento di fondi rustici. Dal 6 maggio 1982 non è stato perciò più possibile stipulare validamente contratti di mezzadria, colonìa e compartecipazione e, se stipulati, tali contratti sono nulli di pieno diritto anche se formati con l’assistenza delle organizzazioni professionali agricole stante l’espresso divieto imposto dall’art. 45 della legge n. 203/82. Dalla decapitazione legislativa è sopravvissuto il contratto di soccida semplice poiché ha per oggetto la conduzione di un allevamento e non la coltivazione di un fondo rustico.
Contestualmente, con l’art. 27, il medesimo legislatore ha disposto la riconduzione all’affitto di tutti quei contratti tipici e atipici diversi dalla mezzadria, colonìa e compartecipazione, che abbiano quale oggetto il conferimento di fondi rustici, indipendentemente dalla centralità o meno del fondo nell’economia del contratto.
La giurisprudenza ha fornito una precisa definizione di contratto agrario riconducibile all’affitto, individuandolo nella concessione della disponibilità di un fondo a un coltivatore diretto che preveda la gestione dell’impresa agricola da parte del concessionario, con oneri e rischi solo su di lui gravanti, verso il pagamento di un canone periodico al concedente, e senza alcuna ingerenza, tanto meno direttiva, del concedente medesimo nell’attività agricola del concessionario (Cass. n. 9978/2014; Cass. n. 25404/2009).
Sulla base di tale concetto, la giurisprudenza ha ritenuto che anche l’affitto d’azienda possa ricadere nell’ambito della disciplina dell’affitto di fondo rustico (Cass. n. 5942/1993), mentre ha escluso da tale caratteristica il contratto di comodato, stante la sua natura gratuita ed essenzialmente precaria (Cass. n. 2347/1988; Cass. n. 10447/1995; Cass. n. 11635/1997; Cass. n. 7364/2000). Non sono contratti agrari in senso stretto, e quindi non possono essere ricondotti all’affitto, neppure i contratti di società che prevedano il conferimento di aziende agricole o di fondi rustici, quelli di concessione dell’usufrutto e l’enfiteusi.
Il contratto d’affitto di fondo rustico è quindi l’unico contratto agrario di scambio validamente stipulabile, mentre quello di soccida è l’unico contratto agrario associativo ammesso.

L’assolutismo della disciplina dell’affitto è rotto, per espressa disposizione dell’art. 56 della legge n. 203/82, dalla possibilità di stipulare validamente contratti di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, di concessioni per coltivazioni intercalari e quelli per la vendita di erbe di durata inferiore ad un anno, quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente ma soggetti a rotazione agraria.