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Secondo la Cassazione, non è legittimo riqualificare l’atto di cessione di un fabbricato destinato ad albergo in una cessione di un terreno edificabile, sulla base di elementi estranei al contratto. La contestazione si basava sull’art. 20 del Testo Unico dell’Imposta di Registro, la quale norma - in base a quanto statuito dalla Cassazione - non consente di fare riferimento ad alcun elemento estraneo all’atto.
Il caso affrontato dalla Cassazione, nell’Ordinanza n. 14004/2023 del 22 maggio, riguardava una compravendita avente ad oggetto un edificio destinato ad albergo, la quale veniva riqualificata come compravendita di terreno edificabile dall’Amministrazione Finanziaria, sulla base di alcuni comportamenti delle parti - anteriori e successivi - alla conclusione del contratto. In particolare, i comportamenti indicati in sentenza risultano essere la richiesta di permesso di costruire da parte dell’alienante, con previsione della demolizione e ricostruzione del fabbricato e il permesso di costruire utilizzato dall’alienante.
Nel presente intervento si evidenzierà la motivazione della Suprema Corte alla richiamata Ordinanza e si procederà quindi a sintetizzare l’excursus evolutivo di una norma cardine per l’applicazione dell’Imposta di registro, quale l’articolo 20 del Testo Unico dell’Imposta di Registro (nel seguito, anche solo “TUR”).
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Ufficio appellante, riaffermando il principio per cui non può procedersi all’interpretazione di un contratto in base ad elementi extra-testuali, i quali sono sì rilevanti ai fini dell’interpretazione civilistica del contratto ma non, in base all’art. 20 del vigente TUR, per l’applicazione dell’imposta di registro ai fini tributari.
Invero, la stessa Corte afferma che il collegamento negoziale con altri atti ed eventuali elementi extra-testuali possono assumere rilievo solo ed esclusivamente ai sensi dell’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente, ovvero la norma generale anti-abuso prevista dall’ordinamento tributario italiano. Tale norma, peraltro, individua una serie di garanzie procedurali per il contribuente ed una serie di presupposti applicativi, nel rispetto dei limiti comunitari all’introduzione di norme generali antielusive.
Il vigente articolo 20[1] - a seguito delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2018 (art. 1 c. 87 L. 205/2017) - afferma che: “L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra-testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi.”
Come spiegato nella relazione illustrativa della legge stessa, il suo scopo è di “stabilire che detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all'atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici "collegati" con quello da registrare". Si veda anche il nostro contributo in merito "Imposta di registro: finalmente chiarita la natura dell’art. 20".
La natura di norma di interpretazione autentica e, quindi, retroattiva della norma è stata sancita dall’art. 1 comma 1084 della L. 145/2018[2].
La versione previgente prevedeva invece che l’imposta fosse applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici “degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Tale formulazione aveva permesso all’Amministrazione Finanziaria, ed anche alla giurisprudenza, di riqualificare gli atti da assoggettare ad imposta di registro in base alla “causa reale” degli atti, mettendo in collegamento anche più di un atto, arrivando quindi a valorizzare gli effetti economici di un’operazione complessiva, realizzatasi mediante la conclusione di più atti giuridici. Emblematico è il caso della riqualificazione in cessione d’azienda di operazioni di conferimento di azienda seguite dalla cessione delle partecipazioni della società conferitaria
La norma contenuta nell’articolo 20 - a seguito della sua modifica (con effetti retroattivi) nel 2018 - ha dato luogo ad un controverso dibattito in dottrina ed in giurisprudenza. La Corte di Cassazione[3] aveva rimesso la questione di legittimità costituzionale del nuovo art. 20 TUR alla Consulta, rilevando una possibile violazione degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 53 (principio della capacità contributiva) della Costituzione.
La Corte costituzionale, con le Sentenze n. 158/2020 e n. 39/2021, ha ritenuto non fondate tali questioni. Si veda a questo proposito "Confermata la costituzionalità dell’articolo 20 TUR".
Tuttavia, l’interpretazione dell’art. 20 è stata oggetto di un nuovo intervento della Cassazione che, con l’Ordinanza 10283/2022, ha posto una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia europea.
La Corte di giustizia europea (nel seguito anche solo “CGUE”), con l’Ordinanza C-250/22 del 21 dicembre 2022, ha dichiarato “manifestatamente irricevibile” la domanda di pronuncia pregiudiziale, evidenziando che la CGUE ha la facoltà di pronunciarsi solo in merito ai tributi armonizzati. Inoltre, secondo la CGUE, la Cassazione non ha fornito tutti gli elementi utili per esprimersi sulla questione. Per una disamina più approfondita, si veda "Legittimità dell’articolo 20 dell’imposta di registro: si riapre il dibattito".
Per quanto concerne l’orientamento della prassi dell’Ufficio, l’Agenzia delle Entrate, riprendendo la Sentenza 158/2020 della Corte Costituzionale, si è anch’essa uniformata all’interpretazione dell’art. 20, in materia di imposta di registro, rispondendo all’Interpello 371 del 17 settembre 2020.
A commento della Risposta, si veda "Nuovo articolo 20 del TUR: il fisco chiuderà le liti in corso?".
[1] “Interpretazione degli atti”;
[2] “L'articolo 1, comma 87, lettera a), della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell'articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131”.
[3] Cfr. Ordinanza 23549 del 23 settembre 2019;